Seregno: a processo per una presunta estorsione da 300mila euro

Aperto il processo contro un impreditore edile di Caponago che secondo l’accusa avrebbe tentato di estorcere 300mila euro a un altro imprenditore, di Seregno, appiccando anche un incendio vicino alla casa della vittima.
Veduta area del tribunale di Monza
Veduta area del tribunale di Monza

Lo avrebbe intimidito, pedinato e perseguitato, minacciando anche la famiglia, fino ad appiccare un incendio nella zona del garage di casa. Un incubo finito in tribunale. Per la brutta faccenda è finito alla sbarra un uomo di 65 anni, siciliano di origine, ma residente a Caponago. L’imputato, davanti al giudice del tribunale di Monza, Marta Pollicino (la Procura è rappresentata dal Vice Procuratore Onorario, Paola Suglia) deve rispondere di tentata estorsione in concorso e di incendio, sempre in concorso.

I presunti complici, almeno per il momento, non sarebbero stati individuati dall’autorità giudiziaria. Nel procedimento contro l’imprenditore edile del territorio, la parte lesa è un altro imprenditore, classe 1963, originario di Monza, ma residente a Cologno Monzese. Tra le parti lese figura anche la moglie, originaria della provincia di Brescia. I fatti andranno chiariti in tribunale, ma per il momento è stata ipotizzata dalla Procura di Monza una tentata estorsione da 300.000 euro.

Secondo le carte della Procura i due avrebbero avuto affari in comune, ma qualcosa è andato storta, tanto da rendere il rapporto sempre più teso, fino alla presunta estorsione che non si sarebbe materializzata solo perché la parte lesa si è rivolta in tempo ai carabinieri denunciando quanto gli stava capitando già da qualche tempo.

I fatti sono avvenuti tra Seregno, sede delle società che fanno riferimento dalla presunta vittima, e Cologno Monzese, il suo luogo di residenza. Pare che la parte lesa fosse, al tempo dei fatti avvenuti tra il mese di gennaio e il marzo del 2014, presidente del consiglio di amministrazione e titolare di almeno tre società operanti nel settore immobiliare. Pare che l’imputato vantasse dei crediti per lavori effettuati per conto delle aziende che farebbero riferimento alla parte lesa.