Scuola, Fontana: «Scelta impopolare, ma necessaria alla salute»

Attilio Fontana commenta l’ordinanza che ha portato la Lombardia in zona arancione rafforzato con chiusura delle scuole: «È impopolare, ma necessaria alla salute».
Concorezzo: Attilio Fontana
Concorezzo: Attilio Fontana

«Io lo so che è impopolare. So che la gente se la prenderà con me. Ma se devo scegliere tra le decisioni di consenso e quelle necessarie alla salute, io sceglierò sempre quelle per la salute». Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana in diverse interviste venerdì mattina, tra cui una al Corriere della Sera, in riferimento all’ordinanza con cui giovedì a mezzogiorno ha annunciato il passaggio alla zona arancione rinforzata , con chiusura di tutte le scuole già da venerdì 5 marzo.

«Sono il primo ad essere dispiaciuto di aver dovuto prendere una decisione così improvvisa – sottolinea – I dati ci sono arrivati mercoledì alle 22. Poi, il tempo minimo per valutarli e ieri mattina ho dovuto firmare l’ordinanza. Purtroppo questo è un virus che ha andamenti da cui non possiamo farci sorprendere».

Pur «comprendendo benissimo che una decisione del genere crea disagi», «dobbiamo a tutti i costi cercare di anticipare i contagi e l’andamento dell’epidemia». Le scuole chiuse? «Dobbiamo essere consapevoli che i rischi sono seri» perché, dice ancora Fontana, «la variante inglese attacca in modo grave anche i giovani, le scuole sono potenziali – e magari concreti – focolai». E ancora: «Le scuole sono davvero un punto sensibile».

«Un po’ preoccupato lo sono e lo siamo. La decisione dell’ordinanza è stata presa sulla base della relazione del nostro comitato indicatori – evidenzia Fontana – Dice a chiare lettere che ci sono una serie di elementi che allarmano e su cui è opportuno intervenire urgentemente. E appunto, che adesso il virus contagia anche i giovani che prima sembravano esenti. E poi abbiamo scoperto di questa variante nigeriana che sarebbe indifferente alle vaccinazioni».

Per quanto riguarda la campagna vaccinale «abbiamo un piano che siamo pronti ad affinare sul campo. Il problema è che oggi riceviamo una quantità di dosi che non sono sufficienti, bastano soltanto per alcune limitate categorie. Ci servirebbero quantitativi molto diversi. A quel punto, saremo in grado di fare i 170 mila vaccini al giorno di cui ha parlato Guido Bertolaso».