Saluti romani al Cimitero Maggiore, assolto il monzese Marchetti

Per la Corte di Cassazione “il fatto non sussiste”. L’esponente del Gruppo Valinor (associazione Lealtà Azione): «Abbiamo solo manifestato la nostra libertà di espressione come previsto dalla Costituzione»
Fausto Marchetti
Fausto Marchetti

Si chiude definitivamente dopo oltre 5 anni, con l’annullamento senza rinvio da parte della Corte di Cassazione “perché il fatto non sussiste” la vicenda del saluto romano alla commemorazione dei caduti della Repubblica Sociale Italiana al campo X del Cimitero Maggiore di Milano, il 25 aprile del 2016.

Tra i quattro imputati c’era anche Fausto Marchetti, monzese, figura di riferimento del Gruppo Valinor, ossia la sezione monzese dell’associazione “Lealtà-Azione”, oltre che volto storico degli ultras biancorossi.

Identificati e indagati per l’articolo 2 della legge Mancino in primo grado vennero tutti assolti perché il fatto non sussiste, con riqualificazione del fatto in articolo 5 legge Scelba. In appello, proposto dal pubblico ministero il fatto venne di nuovo riqualificato, riportando l’articolo 2 della legge Mancino, e i quattro, compreso Marchetti, furono condannati a 2 mesi e 10 giorni di reclusione.

Dopo l’impugnazione – e la richiesta del procuratore generale del rigetto con conferma della sentenza di appello – il 12 ottobre la Cassazione ha dato ragione alla difesa e ha annullato senza rinvio la sentenza di appello perché il fatto non sussiste.

In attesa del deposito delle motivazioni, questo il primo commento di Fausto Marchetti: “Abbiamo proceduto in Cassazione perché si tratta di una questione di diritto: abbiamo commemorato i caduti della Rsi in un contesto semiaperto come un cimitero e alla presenza di poche persone. Non si è trattato quindi né di apologia di fascismo né di odio razziale. Non abbiamo commesso alcun reato ma solo manifestato la nostra libertà di espressione come previsto dalla Costituzione. Eravamo convinti che la Suprema Corte ci avrebbe dato ragione, ha vinto il diritto”.