Rizzi (“Dentopoli”) si sfoga dal carcere di Monza: «Scaricato dalla Lega Nord»

Fabio Rizzi, il consigliere autore della riforma sanitaria arrestato con la Canegrati per lo scandalo “dentopoli”, dal carcere di Monza, dove è detenuto dal 16 febbraio, dice di sentirsi abbandonato dal suo partito e (forse) pronto a togliersi qualche sassolino dalle scarpa.
«Maroni? Si sta ritagliando un profilo da paladino della giustizia»
«Maroni? Si sta ritagliando un profilo da paladino della giustizia»

Maria Paola Canegrati, interrogata per sette ore, che chiede penne e block-notes per raccontare la sua “verità” mentre i suoi dipendenti sono preoccupati per il futuro. Il presidente della Regione Roberto Maroni assediato dalle minoranze (domenica il sit-in di un gruppo di parlamentari 5 Stelle guidati da Alessandro Di Battista) che ne chiedono le dimissioni. E infine il suo (ex) braccio destro, Fabio Rizzi, il consigliere autore della riforma sanitaria arrestato con la Canegrati per lo scandalo “dentopoli”, che dal carcere di Monza, dove è detenuto dal 16 febbraio, dice di sentirsi abbandonato e (forse) pronto a togliersi qualche sassolino dalle scarpa.

L’inchiesta “Smile” – LEGGI QUI e QUI

«Mi hanno scaricato tutti, anche la Lega. – ha detto Rizzi a un consigliere regionale che è andato a trovarlo in cella che condivide con un immigrato – In realtà, io stavo preparando una mia attività imprenditoriale all’estero. Per una vita dopo la politica».Dice che è andato a trovarlo soltanto il padre mentre sull’assenza di sostegno da parte della partito non sembra sorprendersi più di tanto: «Sono i giochi della politica». Ma non lesina una critica a Maroni: «si sta ritagliando un profilo da paladino della giustizia». E si sarebbe lasciato scappare che nella Lega qualcuno sapeva delle consulenze fatte avere a Longo (Mario Longo, il suo collaboratore ndr) anche dalla Regione, con soldi pubblici.

Dice che spiegherà tutto: il prossimo interrogatorio sarà il 4 marzo. «Emergerà che ho sbagliato a fidarmi di Longo». Ma a suo carico ci sarebbero indizi schiaccianti: quella intercettazione in cui parla di «un paio di milioni a testa» che sarebbero potuto venir fuori da un ospedale pediatrico in Brasile e il sistema di società offshore all’estero che sarebbero state gestite da Stefano Lorusso, il presunto contabile della cricca degli appalti, arrestato a Miami e in attesa di estradizione.