Relazione 2017 della Dia: in Brianza la “mafia 2.0”, droga, criminalità straniera

Relazione sulla attività della Dia nel 2017: la mafia 2.0 è ormai orientata ai Mercati, al settore imprenditoriale da cannibalizzare e agli appalti pubblici da conquistare. Emerge nettamente la “collusione silente”. Usura, droga (in collaborazione con la mafia albanese), ma anche conquista del tessuto economico: è Mafie spa.
Operazione della Dia, direzione investigativa antimafia
Operazione della Dia, direzione investigativa antimafia

Al traffico di droga e alle estorsioni non ha rinunciato, ma la mafia 2.0, quella dei colletti bianchi, violenta se serve, è ormai orientata ai Mercati, al settore imprenditoriale da cannibalizzare e agli appalti pubblici da conquistare. A qualunque costo. «Da tempo ormai le organizzazioni criminali hanno “agganciato” il mondo delle imprese con un’operazione strategica, intercettando componenti della società civile» si legge nella Relazione semestrale al Parlamento del Ministero dell’Interno sulla attività svolta e i risultati conseguiti dalla Dia – Direzione investigativa antimafia – nel primo semestre del 2017.

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Rete di contatti. Il capitale sociale della malavita organizzata, ormai radicalmente stabilita al Nord, è la rete di contatti, quella composta da fiancheggiatori: «funzionali al conseguimento degli obiettivi illeciti». Alla ‘ndrangheta è riuscito particolarmente bene: chi la pensava rozza e limitata deve ricredersi. Ha invece una grande capacità di adattamento ai luoghi e ai tempi, competitiva nei mercati extra-calabresi grazie alla “autorevolezza e affidabilità” che le è riconosciuta nei contesti illegali. Come una qualsiasi multinazionale che si rispetti, nella nostra regione, la più ambita, ha una “succursale”, “la Lombardia”, che collega le singole filiali malavitose, le “locali”, con la “casa madre” reggina.

L’infiltrazione sistematica avviene attraverso una corruzione “burocratico amministrativa”, una modalità che il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Milano ha definito: «evoluzione raffinata e pericolosa del tradizionale metodo mafioso che altera i principi di legalità, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa oltre che a quelli della libertà di iniziativa economica e di concorrenza».
Una contaminazione, quella in corso in Lombardia, che il Ministero definisce “silente”. Ma non mancano, quando occorrono, anche le azioni più rumorose ed eclatanti proprie dei reati tipici come l’usura, le estorsioni e il traffico di droga.

Le tre mafie. Segnalati nella Relazione gli arresti di tre soggetti, a gennaio 2017, collegati al clan Galati di Cabiate (Como) e alla locale di Seregno che praticavano tassi usurari del 10% al mese ad imprenditori del settore dei metalli e nella distribuzione di carburanti. Tre poi le operazioni antidroga segnalate, “Stammer”, “Old story eden” ed “Area 51”, con il coinvolgimento di famiglie storiche (vedi i Mancuso di Limbadi). In particolare la “Old story eden”, ad aprile, condotta dalla polizia di stato, aveva messo in luce un sodalizio tra italiani ed albanesi, con 36 arresti, per importare dall’Olanda ingenti quantitativi di cocaina e marijuana introdotta poi nei mercati al dettaglio, tra gli altri, di Paderno, Cesano Maderno, Seregno e Carate Brianza.

Ma non c’è solo la ‘ndrangheta. Non bisogna dimenticare Cosa Nostra, che ha trovato nella Lombardia e in Milano zone predilette dei propri affari illeciti grazie a politiche di “inabissamento” e mimetizzazione riuscendo ad infiltrarsi nel tessuto socio-economico. Come scoperto con l’operazione “Security” della polizia di stato e Gdf che ha emesso 15 ordinanze di custodia ai danni di presunti favoreggiatori della famiglia mafiosa catanese dei Laudani (sequestrati beni per 6 milioni).
E poi la camorra, che si è radicata soprattutto in provincia di Varese e nel Comasco, oltre che a Milano, soprattutto attraverso il riciclaggio di denaro sporco in bar, ristoranti, pizzerie e sale slot. A questo proposito, negli ultimi anni la Dia ha raffinato e implementato i sistemi informatici e i criteri di analisi delle cosiddette Segnalazioni di Operazioni sospette: solo nel primo semestre del 2017 ne ha analizzate oltre 47mila pervenute dalla Banca d’Italia, il 20% delle quali, record nazionale, riguardanti la sola Lombardia.

E quelle straniere. Ma la nostra regione è anche terreno fertile per l’espansione della criminalità organizzata straniera (albanese, cinese, sudamericana, nigeriana e del centro Africa) che invece non “osa” avvicinarsi a Sicilia, Calabria e Campania se non “invitata” dalle associazioni autoctone. In Lombardia, si spiega nella Relazione, si realizzano: «forme di collaborazione quasi paritetiche».
Si va dal traffico di stupefacenti a quello delle armi, di rifiuti, di merci contraffate e alla tratta di persone da avviare al lavoro nero e alla prostituzione. Alle organizzazioni italiane si tratta di una “partnership”che fa comodo visto che i sodalizi stranieri intrattengono rapporti diretti con le organizzazioni dei Paesi d’origine e i cartelli multinazionali.

Tra quelle più attive e ramificate, anche in Brianza, c’è sicuramente la mafia albanese: è organizzata in clan, si occupa anche di reati predatori (furti in appartamento), è molto mobile sul territorio così da essere in grado di spaziare in vari settori: stupefacenti, prostituzione e, appunto, reati contro il patrimonio. Si tratta tra l’altro di un sodalizio particolarmente violento, che applica ancora le regole del “kanun”, codice non scritto risalente al XV secolo usato per regolare i dissidi tra gruppi rivali. Ad esempio, secondo il codice, i congiunti di una vittima di omicidio possono uccidere, di diritto, gli autori del fatto e i loro parenti maschi sino al terzo grado, purché di età superiore ai 14 anni.