Rai Way lascia il parco: sarà la sede del museo della televisione italiana?

In consiglio comunale a Monza spunta l’ipotesi di un museo della storia della televisione italiana nella sede del parco ormai dismessa da Rai Way.
La sede Rai (ormai ex) del parco
La sede Rai (ormai ex) del parco Fabrizio Radaelli

L’addio di Rai Way al Parco non suoni come una condanna a morte per la struttura progettata nel 1954 da Gio Ponti: l’appello al sindaco Dario Allevi è stato lanciato lunedì 15 ottobre in consiglio comunale da esponenti di diversi schieramenti. Maggioranza e opposizione concordano: se la società per azioni del gruppo Rai confermerà le proprie intenzioni, la sede in cui da oltre sessant’anni vengono captati i segnali e le onde elettromagnetiche non dovrà rimanere abbandonata. «Questo è l’unico sito tecnologicamente all’avanguardia in tutta Monza – ha affermato il pentastellato Danilo Sindoni – spero possa essere recuperato. Si potrebbe pensare di destinarlo a un museo della televisione o a start up tecnologiche».

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La presenza di Rai Way in città ha i mesi contati: «Il Consorzio di gestione della Villa reale – ha spiegato Allevi – non ha ancora ricevuto alcuna comunicazione. La chiusura della sede è stata deliberata dal precedente consiglio di amministrazione e, dopo un incontro con il direttore Pietro Addis, si è cominciato a ragionare sul futuro dell’immobile: una piccola parte, probabilmente, potrebbe essere mantenuta dalla società che sembrerebbe intenzionata ad allestire un museo».

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Il contratto, ha aggiunto il sindaco, è scaduto a maggio e da allora, senza alcun preavviso che del resto non è richiesto, l’azienda sta versando il canone in dodicesimi. Lo smantellamento del polo avrebbe ripercussioni non da poco sulle casse del Consorzio dato che la concessione, con i suoi 152.000 euro Iva esclusa, garantisce ogni anno una entrata importante che contribuisce a pagare gli stipendi al personale. «Se Rai Way andrà via – ha aggiunto Allevi – dovremo bandire una gara per riassegnare la sede: anche per questo dobbiamo capire che intenzioni ha. Diremo al direttore ad Addis di chiedere spiegazioni».

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