Quarant’anni dopo Fiumicino ’73 Un monzese racconta la strage

Trentadue morti, oltre quindici feriti. E tra i sopravvissuti, un uomo di Monza. Che oggi torna a raccontare. La mattina del 17 dicembre 1973 un gruppo di terroristi palestinesi dell’organizzazione “Settembre Nero”, sferra un feroce attacco all’aeroporto di Fiumicino.
Un aereo coinvolto nella strage di Fiumicino del dicembre 1973 (foto da Wikipedia)
Un aereo coinvolto nella strage di Fiumicino del dicembre 1973 (foto da Wikipedia)

Trentadue morti, oltre quindici feriti. E tra i sopravvissuti, un uomo di Monza. La mattina del 17 dicembre 1973 un gruppo di terroristi palestinesi dell’organizzazione “Settembre Nero”, sferra un feroce attacco all’aeroporto di Fiumicino.

I terroristi, arrivati nella stessa mattinata a Roma con un volo da Madrid, si confondono in mezzo ad un gruppo di pellegrini in viaggio verso la Mecca e, giunti alla barriera di sicurezza, prendono in ostaggio alcuni agenti e si dirigono verso la pista di decollo. Il bersaglio principale degli attentatori è un aereo della compagnia aerea Pan Am in partenza per Beirut, all’interno del quale fanno esplodere alcune bombe a mano. Dopo l’attentato i terroristi prendono con sé 6 ostaggi e dirottano un aereo della compagnia Lufthansa e si dirigono ad Atene. Dopo ore di estenuanti trattative vengono autorizzati al decollo direzione Kuwait, dove si consegnano alle autorità locali. Di loro si perderanno subito dopo le tracce.

Dopo quarant’anni, quel giorno torna nelle parole di Luigi Peco, monzese oggi 84enne, uno dei pochi sopravvissuti alla strage. «Quando ero disteso nel corridoio dell’aereo – racconta – ho pensato: qui fra poco salta tutto. E mi sono infilato, sempre strisciando, tra la fila di sedili più larga e mi sono fermato proteggendomi i timpani come sapevo. Subito vi fu il terzo scoppio, molto forte, di una bomba dirompente il cui cono di schegge aprì uno squarcio sul tetto dell’aereo che fece da tiraggio al fumo dell’incendio. Così lo scoppio non mi ruppe il timpano e non persi i sensi, come capitò probabilmente ai passeggeri intorno a me».

Uno dei pochi superstiti, che poi prese il treno per tornare a casa da Roma. E per riprendere a vivere.

L’intervista esclusiva è pubblicata sul Cittadino di giovedì 12 dicembre (vai all’edicola online) e nel blog di David Chinello, che l’ha realizzata (vai).