Politica, Vittorio Pozzati l’autorottamato e i “cerchi magici” del Pd

Si è ritirato dalla vita politica in silenzio, anzi si è «autorottamato» nel 2013 quando non ha più rinnovato la tessera del Pd. Vittorio Pozzati, ex consigliere provinciale a Milano e in Brianza e protagonista di una vita in politica fin dal Pci, è tornato nella sua Mezzago.
Vittorio Pozzati
Vittorio Pozzati Spinolo Massimo

Si è ritirato dalla vita politica in silenzio, anzi si è «autorottamato» nel 2013 quando non ha più rinnovato la tessera del Pd. Vittorio Pozzati, ex consigliere provinciale a Milano e in Brianza, è tornato nella sua Mezzago dove è stato sindaco dal 1995 al 2004: magari non passa le giornate a coltivare gli asparagi bianchi che sono finiti perfino tra le mani di papa Francesco, anche se con gli ortaggi riscoperti e lanciati sulle tavole dei buongustati ha una certa dimestichezza.

Da primo cittadino ha incentivato la loro produzione e ora è presidente della Cooperativa proprietaria di Palazzo Archinti, tra gli organizzatori della Sagra degli asparagi. Lì, nelle cucine gestite dai volontari, campeggia ancora un vecchio ritratto di Luigi Berlinguer. Se qualcuno volesse cercarlo e non lo trovasse sappia che il vuoto è momentaneo ed è dovuto ai lavori di ristrutturazione dei locali.

Niente più politica attiva, quindi, per chi ha trascorso la vita all’interno della sinistra passando dal Pci, ai Ds fino al Pd. Pozzati, da ex civatiano, ha preceduto il deputato monzese nell’addio al partito: si racconta che Pippo abbia imposto il suo nome tra i candidati alle regionali del 2013 e che poi non lo abbia sostenuto in modo adeguato. Lui ha incassato 1.526 preferenze e si è piazzato quinto tra i sette contendenti brianzoli. È a quel punto che avrebbe deciso di chiudere i ponti con la formazione democratica, non ancora renziana. Non ha, però, comunicato pubblicamente la sua scelta tanto che fino all’ottobre 2014 ha rappresentato il Pd nel consiglio provinciale brianzolo.

Comunque sia andata, la delusione ha lasciato il segno: «Qualcuno – afferma – non si è comportato bene nei miei confronti dal punto di vista umano prima che politico. Due anni fa ho capito che il riconoscimento non dipende dal lavoro che si fa, ma dalle relazioni interne: i frutti arrivano da quelli che in casa leghista si chiamerebbero i cerchi magici».
E lui, in quel momento, nella cerchia che contava non c’era: «Ho compreso – prosegue Pozzati – che probabilmente ho perso tempo a fare attività politica piuttosto che a tessere una rete di relazioni. All’epoca erano in auge i bersaniani, poi molti di loro sono diventati renziani: ridiamo dell’imitazione di Antonio Razzi fatta da Crozza, ma di Razzi ce ne sono ovunque». Sono, quindi, lontani i tempi in cui anche lui era sulla cresta dell’onda tanto da essere schierato dai Ds alle provinciali del 2004 nel blindatissimo collegio di Sesto San Giovanni. Da Palazzo Isimbardi è poi passato senza troppe sofferenze all’assemblea brianzola.

Ora può dedicarsi con maggior continuità all’altra sua grande passione, quella per la musica contemporanea. Gli resta una missione da compiere: portare a nuova vita l’Arca di Renzo Piano, il teatro mobile in legno lamellare, progettato per l’esecuzione del Prometeo di Luigi Nono, e conservato da una quindicina d’anni in un magazzino di Cavenago.

La struttura, dalle dimensioni imponenti, è stata utilizzata due sole volte: a Venezia per la prima dell’opera e nel 1985, dopo essere stata riassemblata nell’ex stabilimento Ansaldo. Poi è stata smontata, le sue tracce si sono perse finché non sono state ritrovate alla fine degli anni ’90 proprio da Pozzati che ha stipulato una convenzione con La Scala, proprietaria del capolavoro, da cui lo ha avuto in comodato d’uso per cinquant’anni, rinnovabili per altri cinquanta.

Finora, però, non è riuscito a individuare in Brianza una struttura alta almeno trentacinque metri, abbastanza grande per contenere l’auditorium che si trova tuttora, a pezzi, in un deposito.