Ospedali di Vimercate e Desio: studio sulla copertura del vaccino Pfizer sul personale sanitario

La ricerca è scientifica ma anche di vigilanza sanitaria, perché valuta la protezione degli operatori impegnati presso gli ospedali e la rete dei servizi territoriali dell’Asst (oltre 3.600).
Vimercate Valerio Leoni primario laboratorio analisi Vimercate e Desio
Vimercate Valerio Leoni primario laboratorio analisi Vimercate e Desio Michele Boni

Negli ospedali di Vimercate e Desio si cerca di scoprire la risposta anticorpale al vaccino Pfizer per prevenire il Covid. Il lavoro è stato pianificato da Valerio Leoni e Giuseppe Servidio, primari, rispettivamente, del Laboratorio di Analisi di Desio e Vimercate, nonché da Paolo Mascagni, Direttore della Medicina del Lavoro, sempre dell’ospedale di Desio. Interessati gli operatori di Asst Brianza. La ricerca è scientifica ma anche di vigilanza sanitaria, perché valuta la protezione degli operatori impegnati presso gli ospedali e la rete dei servizi territoriali dell’Asst (oltre 3.600).

Il virus2, responsabile della pandemia Covid 19, spiega Leoni, «presenta sulla superficie delle proteine, tra le quali la glicoproteina spike (proteina S) capace di legare il recettore ACE-2 espresso da molte cellule del corpo umano, tra cui quelle degli alveoli polmonari. Il legame tra la proteina S ed il recettore ACE-2 consente al virus di entrare nelle cellule umane e replicarsi». Negli studi effettuati su pazienti infettati, gli anticorpi diretti contro la glicoproteina S sono risultati neutralizzanti e protettivi contro l’infezione. I vaccini sono stati preparati appositamente per suscitare la produzione di questi specifici anticorpi neutralizzanti.

«I risultati dello screening post vaccinale sugli operatori della Asst della Brianza – aggiunge Valerio Leoni – consentiranno di rilevare la percentuale di lavoratori immuni e potenzialmente protetti, sebbene il test sierologico debba essere valutato ancora con cautela per la definizione del livello di immunità nei singoli individui. Questi dati quindi, uniti a quelli derivati dai programmi di sorveglianza sanitaria già attivi per gli operatori, contribuiranno in modo determinante a chiarire se il grado di protezione acquisita sia efficace all’interruzione della trasmissione del contagio fra pazienti e operatori».