Omicidio di San Rocco, uno dei minori accusati: «Volevo rapinare la droga, non uccidere»

Uno dei minorenni accusati dell’omicidio di San Rocco a Monza ha dichiarato al giudice di essere uscito di casa «per rapinare la droga, non per uccidere» e nega ci sia stato un mandante. Il 13 luglio inizia il processo.
Il luogo dell’omicidio a San Rocco
Il luogo dell’omicidio a San Rocco Fabrizio Radaelli

«Sono uscito per rapinargli la droga, non per uccidere». Il 14enne di San Rocco arrestato per l’omicidio di Cristian Sebastiano ha ribadito la sua versione difensiva, che porta avanti sin dal giorno dell’arresto, avvenuto a poche ore dal fatto di sangue dello scorso 29 novembre sotto i portici delle case popolari di via Fiume.

Lo ha fatto in occasione del faccia a faccia in aula di tribunale della scorsa settimana, visto che il pm di Monza Sara Mantovani, per quel fatto, ha chiesto l’incidente probatorio nell’ambito dell’inchiesta che vede indagato e in carcere Giovanni Gambino, accusato di essere l’istigatore dell’omicidio. In questa sede, il 14enne ha risposto alle domande, mentre il presunto complice, un altro giovanissimo del quartiere di 15 anni, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il primo, invece, ha dichiarato che quella domenica era uscito di casa con il coltello per rapinare il 42enne Sebastiano, il suo pusher di cocaina, e non per ucciderlo come invece sostiene anche la procura dei minori, che contesta ai due la premeditazione (per i due minorenni il processo è fissato il prossimo 13 luglio).

Per gli inquirenti di Monza l’omicidio sarebbe stato “ispirato” e isitigato dal 42enne Gambino, che avrebbe promesso una sommma di denaro ai due ragazzi se avessero ammazzato Sebastiano, raggiunto da una ventina di coltellate in pieno giorno. Ipotesi raccolta in diverse testimonianze sentite dai carabinieri all’epoca delle indagini, ma che il ragazzo di 14 anni ha respinto (racconta un ragazzo di San Rocco amico dei due imputati: «Mi hanno detto che Giovanni Gambino ha pagato i due ragazzi per uccidere Cristian. Me lo hanno raccontato il giorno dell’omicidio di Cristian. Giovanni lo ha fatto per la lite che è avvenuta tra Cristian e i suoi familiari. Io credo che abbia mandato i due a uccidere Cristian anche per motivi di soldi e di droga. Cristian andava sempre a casa dei Gambino e c’era sempre tantissima gente»).

Accusa che lo stesso Gambino ha negato, dicendo di conoscere la vittima «da anni», ma di non aver avuto «nessun debito con lui». Lo sfondo della vicenda è lo spaccio di droga. Attività alla quale il povero Sebastiano, era dedito da anni. Cosa che aveva provocato nei suoi confronti l’ostilità del ragazzo 14enne, che diceva di odiarlo perché lo aveva trascinato nel consumo di stupefacenti. «Era una cosa nota – si sarebbe difeso Gambino – non aveva bisogno di me che lo spingessi a fare qualcosa, non pensavo parlasse sul serio». L’uomo si è rivolto al tribunale del Riesame per chiedere l’annullamento della misura cautelare che lo ha portato in carcere, ma i giudici di Milano non hanno accolto il ricorso.