Muratore di Meda chiede la cittadinanza italiana ma non può averla perché risulta essere un narcotrafficante

Scoprire di “essere parte” di una imponente banda di narcotrafficanti, quando invece non si ha mai avuto un problema con la giustizia. Ma il sogno di diventare cittadino italiano dopo una vita di sacrifici, per Roland Halilaj, 37 anni di Meda si scontra con questo muro innalzatosi dal Ministero dell’Interno.
Roland Halilaj, 37 anni
Roland Halilaj, 37 anni

Scoprire di “essere parte” di una imponente banda di narcotrafficanti, quando invece non si ha mai avuto un problema con la giustizia, e si sono pagate tutte le tasse, fino all’ultimo centesimo. Ma il sogno di diventare cittadino italiano dopo una vita di sacrifici, per Roland Halilaj, 37 anni, cittadino medese, si scontra con questo muro innalzatosi dal Ministero dell’Interno, che all’istanza presentata dal muratore albanese, ha replicato con una nota che anticipa un diniego certo.

Per comprendere, tuttavia, è meglio riannodare i fili, e partire dalla vicenda personale di Halilaj, classe 1982. Una storia di integrazione perfettamente riuscita. Sposato con una connazionale dalla quale ha avuto due figlie, brianzole a tutti gli effetti. In casa sua, ormai, si parla solo italiano.

Dopo qualche anno trascorso in Emilia, ha trovato la sua stabilità a Meda, dove ha comprato una casa che si è sistemato da solo. Lavora nei cantieri come muratore, titolare di una piccola società individuale a responsabilità limitata. É in regola con i contributi e le tasse. Ha sempre avuto il permesso di soggiorno. In paese è conosciuto come persona mite e perbene. E soprattutto, come emerso da accertamenti effettuati pochi giorni fa, non ha precedenti penali e né carichi pendenti. Ma il Viminale, alla sua richiesta di ottenere la cittadinanza (dopo oltre 10 anni di residenza regolare nel Belpaese) replica dopo quattro anni (termine che si concede lo Stato per rispondere) in questi termini: «Da un rapporto informativo della Questura di Ascoli Piceno risulta un’indagine a suo carico per produzione e spaccio di sostanze stupefacenti aperta presso il tribunale di Fermo (…) circostanza che non consente di affermare che sia stato raggiunto un adeguato livello di integrazione». Comunicazione alla quale vengono dati 10 giorni tassativi per replicare con adeguate osservazioni e documentazione del caso.

Primo punto che lascia perplessi: l’indagine è del 2002. Diciassette anni fa. Secondo elemento: Halilaj, assicura l’avvocato monzese Michele Pizzi, al quale il medese si è rivolto per affrontare la questione, non ha alcun conto in sospeso con la giustizia. «L’inserimento del nome in quel procedimento non può che essere frutto o di un errore di trascrizione delle generalità, o di uno scambio di persona, oppure qualche altro soggetto ha dato una falsa identità alle forze dell’ordine, fornendo il suo nome e indirizzo».

Il legale ha tenuto a precisare anche che il permesso di soggiorno di Halilaj è sempre stato “tranquillamente rinnovato”, e “mai revocato”. Del caso è stato informato anche il sindaco Luca Santambrogio, che avrebbe chiesto a Roland di essere aggiornato della vicenda