Monza: un nuovo centro di preghiera per la comunità bengalese

La comunità bengalese di Monza ha iniziato il lavori per aprire un nuovo centro culturale in via Galilei: sarà il terzo in città per cittadini di fede musulmana. I timori del quartiere.
Monza via Galilei
Monza via Galilei Fabrizio Radaelli

Sarà, di fatto, la terza “moschea” a Monza. La seconda della comunità bengalese. I lavori per realizzare il nuovo centro culturale sono iniziati due settimane fa quando i cittadini di origine asiatica, di fede musulmana, hanno iniziato i lavori di sistemazione di un negozio all’incrocio tra le vie Galilei e Carlo Antonietti.

Lo stabile, sfitto da molti anni e che ospitava un arredobagno, ha visto iniziare le operazioni di recupero una quindicina di giorni fa. La data di apertura non è nota, anche se si può immaginare che sarà entro l’inizio della stagione autunnale. La curiosità è che il nuovo centro sorge a nemmeno cinquanta metri in linea d’aria dal primo aperto dalla stessa comunità in via Torquato Tasso, il Centro culturale Bangladesh, tuttora in funzione. Non si tratta quindi di un trasferimento, ma di un centro ex novo.

Un luogo dove gli immigrati si ritrovano per pregare e per sentirsi sostanzialmente a casa. Non è stato possibile mettersi in contatto con il responsabile e nessuno di coloro che vi stavano lavorando ha voluto rilasciare dichiarazioni.

Il motivo di questa seconda sede, tuttavia, parrebbe giustificato dal numero importante di bengalesi presenti in città. L’ultimo dato anagrafico disponibile parla di non più di un migliaio di persone, ma risale al 2016, mentre secondo quanto riferito dal centro di via Tasso, sarebbero all’incirca 2mila. Ciò che giustificherebbe l’esigenza di nuovi spazi di culto. Inoltre questa comunità risulta per la gran parte abitante in zona.

Non è un mistero, infatti, che numerosi insediamenti siano concentrati tra il quartiere Buonarroti e le aree circostanti, a dimostrazione gli altrettanto numerosi minimarket specializzati sorti nel frattempo. Se i cittadini bengalesi preferiscono non parlare, non nascondendo un certo imbarazzo per l’attenzione ricevuta, il centro in preparazione sta suscitando le perplessità di residenti e negozianti della zona. Che preferiscono restare anonimi. Alcuni sono nel quartiere oramai da quasi mezzo secolo, altri sono presenti da qualche anno. Alcuni sono a loro volta di origine straniera. Eppure la moschea suscita timori.

«Non si tratta di pregiudizi religiosi – spiega una donna – assolutamente. Quello che temiamo è il degrado, gente che staziona sui marciapiedi tutto il giorno». Anche perché il negozio misura non più di 60 metri quadri. La struttura è composta da una sala e da un magazzino al piano interrato. Che, essendo magazzino, per legge non può essere utilizzato per eventi, né tantomeno per funzioni religiose. «Se si creeranno continui capannelli di gente – conclude – saranno gli italiani a non venire più in zona«. E la paura recondita è l’abbassamento dei valori di mercato. «Ci sono persone qui che hanno investito tutto quello che hanno» precisa.

Intanto sul posto sono già giunti due volte gli agenti della polizia locale per effettuare dei controlli.