Monza, stop ai grandi concerti nel parco: l’intesa per il 2018 non c’è

Dopo anni di eventi in crescita per interesse e pubblico, il 2018 sarà l’anno dello stop per i grandi concerti a Monza: gli organizzatori hanno deciso di tirarsi indietro e non firmare il contratto. Sul piatto, il nodo economico e i tempi.
Monza Concerti parco
Monza Concerti parco Fabrizio Radaelli

Monza scende dal palco internazionale: spegne i microfoni, zittisce gli amplificatori e torna a godersi un’estate a zero o quasi decibel. Deve succedere l’inaspettato, per quanto si apprende, perché così non sia: la stagione dei grandi concerti, almeno per la prossima estate, non ci sarà.

Al di là delle dichiarazioni ci sono le prove tangibili. Basta fare ruotare le lancette dell’orologio indietro di un anno: nei primi giorni di novembre del 2016 i primi grandi nomi degli I-Days di giugno erano stati annunciati. Boom, i Green day. E poi boom, i Radiohead. Di lì a poco sarebbero stati annunciati i Linkin Park che proprio a Monza hanno tenuto il loro ultimo concerto con il cantante Chester Bennington e più tardi Justin Bieber. Novembre è iniziato da po’ e l’unica cosa che si sa è che era circolato il nome dei Pearl Jam da Seattle: vero, assicura qualcuno, arriveranno.

Ma no: non a Monza. Perché gli I-Days andranno quasi certamente a Rho o in un’altro spazio. Poi qualcuno forse farà anche i nomi di U2, Bruno Mars e chissà chi altro. Anzi: sono le band e gli artisti di cui si accennava già un anno fa, dietro le quinte della scorsa stagione degli I-Days.

Una riunione per cercare di salvare il salvabile dovrebbe arrivare martedì (forse anche con rappresentanti regionali, che tanto hanno garantito di investire nel parco di Monza), per capire se un po’ di musica si potrà fare. Ma al momento non ci si può augurare molto altro che qualche concerto di secondo piano, almeno rispetto all’escalation degli scorsi anni: dal Brianza rock festival all’autodromo nel 2014 (voluto peraltro proprio dall’allora presidente della Provincia Dario Allevi) fino alla quattro giorni dello scorso giugno, quando sono transitate dalla Gerascia del parco molte più di 200mila persone. Una certezza: contratti non ce ne sono e i biglietti dei grandi live in Italia sono in vendita.

«Al momento della formalizzazione dell’offerta Live Nation non ha ritenuto di procedere»: risponde così il presidente del Monza Eni circuit (cioè Sias), Giuseppe Redaelli. Come dire: non abbiamo fatto quanto possibile per proseguire l’esperienza dei concerti e anzi farla crescere, con un bando triennale.

«Alla manifestazione di interesse per la subconcessione dell’area della Gerascia per i concerti ha risposto solo Live Nation, organizzatore dei concerti passati» aggiunge Radaelli in una nota affidata all’ufficio stampa, riferendo poi che «al colloquio successivo alla chiusura dei termini Sias ha dichiarato la più ampia disponibilità – come peraltro avvenuto sempre anche in passato – a favorire il radicamento della tradizione dei concerti a Monza, dimostratasi location molto gradita dal pubblico; e a questo proposito alle osservazioni fatte dagli organizzatori Sias ha offerto le soluzioni possibili».

E infine: «Se i i concerti sono a rischio quest’anno temiamo che il problema sia fuori dagli ambiti in cui Sias può operare».

I promoter per ora hanno a preferito non intervenire sul naufragio della stagione live di Monza.

Per quanto se ne sa un anno fa il costo per gli organizzatori si era aggirato attorno ai 600mila euro, incassato proprio da Sias (spese incluse) grazie alla convenzione con il Comune: 600mila euro dovrebbe essere anche la cifra che i promoter risparmierebbero quest’anno a Rho.

Di certo non si può scaricare la responsabilità sul Consorzio Villa reale diretto da Piero Addis: il manager ha sempre dichiarato la massima disponibilità nei confronti dei grandi eventi come quelli degli ultimi anni. Ha però parlato di voler presentare la richiesta di avere un euro per ogni biglietto venduto da destinare alla salvaguardia e alla cura del parco di Monza. Si traduce, stando ai dati dello scorso anno, a 200mila euro da chiedere agli organizzatori. Una “tassina”, un contributo o comunque lo si voglia chiamare che sarebbe un ulteriore peso sui bilanci della manifestazione.

«Quasi ogni giorno – assicura il sindaco Dario Allevi – ricordo ai due attori protagonisti della vicenda l’importanza dei grandi eventi. Mi auguro che le pressioni politiche possano convincerli a sottoscrivere l’accordo: più che offrire la disponibilità e l’appoggio dell’amministrazione non posso fare».

Se anche il documento dovesse essere perfezionato a breve, il ritardo accumulato potrebbe pregiudicare il livello delle prossime manifestazioni: «I big della musica – aggiunge Allevi – programmano le loro tournée con un anno di anticipo. Siamo già a novembre e temo che i grandi artisti non riescano più a inserire la tappa monzese nei loro tour».

O meglio: i promoter che hanno firmato i contratti con gli artisti hanno già trovato le platee e il pubblico cui affidarli. «Non penso – aggiunge il sindaco – che la firma dell’accordo sia ostacolata da ragioni economiche. Credo, piuttosto, che il rallentamento sia dovuto alla scelta di Sias che, per ragioni di trasparenza, ha deciso di non affidare l’incarico direttamente a un operatore, ma ha pubblicato una gara per raccogliere tutte le manifestazioni di pubblico interesse».

La società mista pubblico-privata, riferisce il primo cittadino, ha preferito tutelarsi di fronte a un’ipotesi di contratto triennale e non relativo a un unico evento come sono stati i concerti di Ligabue e i festival organizzati tra il 2016 e il 2017. Alla procedura, che si è chiusa il 29 settembre, ha partecipato solo Live Nation ma, ormai, i tempi per impostare la prossima annata erano quasi del tutto compromessi.

«Una concessione di tre anni – aggiunge il primo cittadino – consentirebbe di compilare un calendario importante: Live Nation ha accumulato una adeguata esperienza, il parco ha dimostrato di essere in grado di attirare il pubblico e, con le dovute attenzioni, di superare bene l’impatto con i concerti. La tre giorni con Ligabue (organizzata con un altro promoter, ndr) ha rappresentato un test superato in modo brillante».

Eppure, per il 2018, una soluzione con molti meno spettatori sembrerebbe quasi obbligata: «L’operatore – suggerisce il sindaco – per il prossimo anno potrebbe accontentarsi di un appuntamento sotto tono rispetto a quelli promossi nell’ultimo biennio e potrebbe cominciare a lavorare per quelli da lanciare nel 2019 e nel 2020. Spero che l’accordo con Sias venga firmato al più presto». In caso contrario il Comune potrebbe far valere il suo peso: «Vedremo cosa fare – butta lì Allevi – in giro ci sono altre società».