Monza: quattro anni di siccità, ecco perché il Lambro non ha più acqua

Così cronicamente in secca da non essere più una sorpresa. Eppure il Lambro senza acqua non è un bel belvedere. Il motivo? Quattro anni di orribile siccità. Ecco la spiegazione.
Monza Lambro
Monza Lambro Fabrizio Radaelli

L’annus horribilis è stato il 2015: quello in cui le precipitazioni si sono drasticamente contratte. Da allora, spiegano i tecnici del Parco regionale della Valle del Lambro, la situazione può essere definita di «siccità cronica». E le conseguenze sono, da tempo, sotto gli occhi di tutti – di tutti quei monzesi e di quei turisti che, passeggiando nel cuore della città, negli ultimi anni si sono domandati come mai nel Lambro non ci fosse più acqua.

Meglio: come mai non ci fosse proprio mai acqua, con l’eccezione di qualche pozza stagnante e maleodorante qua e là. «Più che un fiume – ha spiegato Eleonora Frigerio, presidente dell’ente – sarebbe meglio definirlo torrente: il suo corso è estremamente soggetto alle variazioni stagionali, alle precipitazioni e a tutto quello che capita nel triangolo lariano. Se non piove, se non c’è neve, è impossibile allora pensare che possa esserci acqua nel Lambro».

Le piogge delle ultime settimane non sono bastate, e non bastano ancora oggi, a ridare al Lamber il vigore che ci si aspetterebbe: il suo letto (e tutto quello che contiene, dai rifiuti agli sterpaglie) resta infatti ben visibile. «L’ultimo anno veramente piovoso – prosegue Frigerio – è stato il 2014, quando si sono registrati oltre duemila millimetri di pioggia nell’area racchiusa tra i vertici del triangolo lariano. Solitamente se ne contano in media circa 1.300, 1.400, di millimetri. Dal 2015 a oggi le precipitazioni sono diminuite anche del 30%. Preciso meglio: il 2015 è stato l’anno più siccitoso e, nei dati di questi primi mesi del 2019, possiamo dire di ritrovare la stessa tendenza». Con una differenza sostanziale: negli anni precedenti al 2014 la pioggia, almeno, non era mancata – e ce n’era stata anche troppa, se si pensa all’ultima esondazione del Lambro, avvenuta proprio nel novembre 2014. La siccità di adesso, invece, si somma a quella di un lungo periodo di secca. «Si pensi – aggiunge ancora la presidente – che da quando sono stati conclusi i lavori di manutenzione del Cavo Diotti, nel 2015, i tecnici non sono ancora riusciti a testare la bontà idraulica della storica diga» che regola il deflusso del lago di Pusiano e , di conseguenza, anche quello del corso del Lambro, «nell’ambito di uno scenario di massima criticità», ovvero nei periodi di grande piena. Motivo per cui il pieno collaudo, a quattro anni dal completamento dei lavori, non è ancora stato concluso. A proposito di Pusiano: anche i suoi livelli, da tempo, si trovano parecchi centimetri al di sotto della media. E lo stesso si può dire anche del Seveso.

Insomma: la siccità è generalizzata e non ci sono soluzioni, al momento, per riportare il Lambro ai suoi antichi splendori. Conseguenze gravi e preoccupanti, sulla flora e sulla fauna fluviali, al momento non sembrano esserci state – per quanto, anche l’estate scorsa, si siano verificate improvvise morie di pesci e la proliferazione di alghe in alcuni tratti, specialmente nei pressi di salti e cascate: nulla, però, precisano, che non rientri nell’ordinarietà.

«Le piogge di questi giorni – hanno concluso dal Parco – sono solo piccole panacee. Da quando ci siamo preparati ad affrontare le piene del fiume, inaugurando oltretutto nell’ottobre scorso anche la diga delle Fornaci, tra Briosco e Inverigo», ovvero una traversa fluviale in grado di regolare le portate del fiume in occasione delle piene più significative, «abbiamo iniziato a vivere un’emergenza al contrario: quella legata alla scarsità di acqua. Tanto che al Cavo Diotti paratie e barratoie sono al massimo per far scorrere quanta più acqua possibile».