Monza, omicidio di San Rocco: i minorenni pagati per uccidere Sebastiano?

Fissato a luglio il processo contro i due minorenni accusati dell’omicidio di San Rocco a Monza: nelle carte l’ipotesi che i ragazzi siano stati pagati per commettere l’assassinio di Sebastiano. Ipotesi negata dagli imputati.
La scena dell’omicidio a San Rocco di Monza
La scena dell’omicidio a San Rocco di Monza Fabrizio Radaelli

Fissato il prossimo 13 luglio il processo col rito abbreviato ai due minorenni di 14 e 15 anni, in carcere per l’omicidio di Cristian Sebastiano, il 42enne ammazzato a coltellate sotto i portici delle case popolari di via Fiume, a San Rocco, lo scorso 29 novembre. Vicenda sempre più intricata, visto che, dalle carte dell’inchiesta, spunta l’ombra di un mandante.

Almeno questo l’aspetto su cui stanno indagando gli inquirenti della Procura di Monza, mentre i difensori dei ragazzi hanno chiesto il rito abbreviato. L’avvocato Maurizio Bono, difensore del più giovane, maggiormente coinvolto nella vicenda, ha chiesto però che vengano sentiti due testimoni chiamati a riferire sul presunto coinvolgimento di una famiglia di San Rocco, che, secondo una voce circolata nel quartiere, avrebbe offerto soldi ai ragazzi per ammazzare Sebastiano, che era lo spacciatore dei due ragazzini sotto processo.

Una circostanza prima confermata dal coimputato, e poi smentita dallo stesso, mentre il più giovane nega con decisione, dicendo di aver incontrato Sebastiano con l’intenzione di rapinarlo, e non di ucciderlo, quindi respingendo l’ipotesi della premeditazione. Sul punto, gli inquirenti (Pm Sara Mantovani) mantengono stretto riserbo investigativo.

I due giovani sono accusati di rapina per aver sottratto cinque grammi di cocaina alla vittima, che era anche il loro spacciatore, e di omicidio con l’aggravante della premeditazione (per aver “pianificato l’uccisione e la contestuale rapina, incontrandosi nelle ore antecedenti il fatto, munendosi delle due armi e attirando la vittima con una telefonata effettuata da una cabina telefonica”) e dei motivi abietti. Il capo di imputazione contiene anche elementi inediti rispetto alla versione trapelata agli inizi. Spunta infatti un altro coltello, oltre a quello da 34 centimetri utilizzato dal 14enne per sua stessa ammissione. Un’arma “a doppia lama” da otto centimetri che avrebbe usato l’altro giovane, per infliggere “almeno due” coltellate delle oltre trenta che hanno colpito il corpo del povero Cristian.