Monza: oltre 25 anni di tribunali per il futuro dell’ex Pastori Casanova

Le carte bollate tra proprietà e Comune di Monza sono iniziate nel 1995, dopo un no a una concessione edilizia per l’ex area Pastori Casanova. La vicenda non è ancora finita: slittata l’udienza del 6 luglio, il procedimento dovrà riprendere. Venticinque anni dopo.
Monza: oltre 25 anni di tribunali per il futuro dell’ex Pastori Casanova

Oltre 25 anni di causa e non sembra essere finita. Sono le carte bollate tra Edilcentro e Comune di Monza a proposito del piano di recupero – sembra di capire dalle carte – della Pastori Casanova, storica, anzi storicissima e gloriosa azienda monzese del settore tessile, quella che ha portato in Italia il jacquard, per esempio.

Per l’area è stato depositato un piano che porta la firma di Gae Aulenti, forse addirittura l’ultimo progetto dell’architetto che ha dato vita al Musée d’Orsay di Parigi che oggi ospita le opere dello scavallo tra Otto e Novecento, quindi in larga parte impressionisti e post impressionisti. Durante la giunta Faglia è stato presentato ufficialmente un piano di recupero dell’intero quartiere che si apre tra le vie Grossi e Dante con la creazione di una pinacoteca civica, con l’assessore Alfredo Viganò. Poi il progetto è tramontato e non se n’è saputo più nulla.

Ma si tratta del 2007, mentre la battaglia legale di cui non sono chiari i perimetri risale addirittura al 1995. Ne dà traccia un atto ufficiale del Comune di Monza a proposito del “giudizio promosso da Edilcentro avanti il Consiglio di Stato”. Il Comune ha deciso di continuare a resistere di fronte alle richieste del privato (la stessa società dell’impasse di piazza Cambiaghi) dopo lo slittamento dell’udienza fissata nei primi giorni di luglio. Il motivo è semplice: l’amministrazione comunale sarebbe dovuta essere difesa da un legale che nel frattempo è morto.

All’origine il no dell’ente pubblico a una concessione edilizia nell’aprile del 1995. La vicenda giudiziaria ha attraversato i decenni fino ad arrivare al ricorso prima in appello e poi al consiglio di Stato nel 2014 per contrastare le decisioni dei giudizi nel corso degli anni Novanta. È il 2021 e la fine del giudizio sembra lontana.