Monza, mense aziendali: futuro incerto dopo la pandemia e lo smart working

Ridotto il lavoro. Ma il settore non ha strumenti sufficienti come ammortizzatori sociali. Un comparto che sta cambiando: arrivano i buoni alimentare il i lunch box
Mensa aziendale prima della pandemia, ora molte cose sono cambiate
Mensa aziendale prima della pandemia, ora molte cose sono cambiate Fabrizio Radaelli

Lo smart working ha, di fatto, ridotto il loro lavoro. Cosí come, anche se in misura minore, il Green pass. E ora I dipendenti delle società che gestiscono le mense aziendali temono per il loro futuro. Anche perché se il ricorso al lavoro a domicilio dovesse prendere piede anche a pandemia conclusa, molti dipendenti potrebbero restare a casa a svolgere le loro mansioni abituali e quindi, gioco forza, non mangerebbero più nelle mense delle imprese che li hanno assunti. Il calo durante l’emergenza coronavirus é stato evidente, tanto che, per esempio, se tra Roche e Termofisher, due grosse aziende del farmaceutico monzese, prima si fornivano centinaia di pasti adesso non si va oltre gli 80.

Poi ci si è messo pure il Green pass: se i lavoratori non ce l’hanno non possono accedere alla mensa. Una misura che non ha inciso moltissimo da questo punto di vista, ma che comunque ha contribuito a ridurre le richieste. A questo calo ancora adesso si fa fronte ricorrendo alla cassa integrazione, elargita a piene mano per l’emergenza Covid e applicata a rotazione, una o due volte a settimana, per qualche ora al giorno. Ma ora la situazione rischia di cambiare. Le aziende che hanno in appalto i servizi, infatti, possono ricorrere agli ammortizzatori sociali solo se li chiedono prima le aziende committenti.

E quando queste ultime esauriranno la possibilità di ricorrervi i lavoratori delle mense resteranno senza strumenti per fronteggiare l’emergenza. Se poi, appunto, negli uffici resteranno meno persone perché preferiranno sfruttare le occasioni di smart working la soluzione del problema diventerà ancora più difficile. A fine ottobre, inoltre, cadrà il blocco dei licenziamenti. «A livello nazionale -spiega Laura Lautieri, della Filcams Cgil Monza Brianza- abbiamo chiesto una riforma degli ammortizzatori sociali, una proroga della cassa e del blocco dei licenziamenti fino a che non ci sarà la riforma». Nel mondo della ristorazione aziendale molte cose sono cambiate in questo periodo. Molti hanno adottato soluzioni alternative alla mensa ricorrendo a buoni spesa alimentari per generi di prima necessità, ma anche alla consegna pasti attraverso un lunch box preparato nei centri cottura.

«C’ é voglia di tornare sul posto di lavoro -continua Lautieri- e molti riprendono perché preferiscono tornare ad avere rapporti sociali con i loro colleghi, ma non sarà mai come prima della pandemia». In Brianza si stima che nelle mense aziendali, presenti soprattutto nelle aziende più grandi, operino circa 2mila lavoratori, anzi, lavoratrici, visto che si tratta di donne e mamme con contratti da 15-20 ore la settimana. La fine della cassa incide qui più che nelle mense scolastiche: qui la sospensione estiva ha permesso di preservare una parte degli ammortizzatori.