Monza: le coop sociali al top, 132 milioni di fatturato e oltre 3mila posti di lavoro

Considerate complessivamente le cooperative sociali che fanno capo a Confcooperative in Brianza hanno un volume d’affari di oltre 132milioni di euro e danno lavoro a più di 3mila persone
Giancarlo Brunato, Roberto D’Alessio, Mario Riva
Giancarlo Brunato, Roberto D’Alessio, Mario Riva Foto Fabrizio Radaelli

Considerate come un’unica azienda nella top 500 delle imprese della Brianza appena pubblicata dal Cittadino sarebbero al posto numero 64 della classifica, con un fatturato di 132 milioni 714 mila euro, prima di due istituzioni come la Beta Utensili e Qvc Italia. Non parliamo poi dell’occupazione: con più di 3mila persone le cooperative sociali che aderiscono a Confcooperative Milano, Lodi, Monza e Brianza tengono il passo di colossi dell’economia brianzola come la multinazionale Stm di Agrate. Si tratta di Federsolidarietà, il settore sociale di Confcooperative che in Brianza conta 57 coop sociali, aggregate per la maggior parte nei Consorzi Comunità Brianza, Ex.it e CS&L. È una parte significativa della cooperazione, che rifugge le scorciatoie delle coop spurie e cerca di rispettare contratti e diritti dei lavoratori, e ha un ruolo di tutto rispetto nel territorio di Monza e Brianza, non solo per gli innumerevoli servizi che assicura, ma anche, appunto, dal punto di vista del pil locale, che contribuisce ad arricchire con numeri consistenti.

«Nell’ultimo anno – dice Mario Riva, presidente del Consorzio Comunità Brianza, sede a Monza all’oasi di San Gerardino, che nel 2016 ha dato lavoro 2500 persone con un fatturato di 73 milioni di euro- abbiamo aumentato i dipendenti di quasi 500 unità». Il ruolo delle coop, d’altra parte, sta cambiando: non si limitano più a rispondere alle sollecitazioni che arrivano dalla pubblica amministrazione, ma promuovono progetti propri: «Oggi ci sono altri ambiti in cui possiamo entrare – continua Riva- È come se ci fossimo trasformati in imprese, con una struttura simile a quelle profit dal punto di vista della gestione, dell’ottimizzazione delle risorse. Siamo incubatori di nuove idee imprenditoriali, partner non solo di enti pubblici, ci proponiamo in settori come la cultura e il turismo». La riforma del terzo settore ha aperto nuove prospettive e in questo contesto si sono sviluppate partnership tra pubblico e privato per la gestione di beni artistici, culturali.

A Desio, ad esempio, la coop Mondovisione, che fa parte del Consorzio, gestisce gli eventi di Villa Tittoni nell’ambito del progetto “Parco delle culture”, inizialmente finanziato dalla Fondazione Cariplo. Grazie anche a queste nuove frontiere in cui si sono misurate, le coop sociali, nonostante la crisi delle imprese dopo il crac Lehman e quella della pubblica amministrazione, hanno mantenuto sostanzialmente il livello occupazionale. Sono state un baluardo, da questo punto di vista, di fronte alla recessione, perchè la persona e il suo bisogno di lavorare sono nel dna di questi sodalizi. Sono, soprattutto quanto si tratta di categorie “svantaggiate”, il motivo stesso per cui sono nate. «Le coop sociali -spiega Roberto D’Alessio, ex coordinatore per Monza e Brianza di Confcooperative- producono ricchezza e occupazione, utilizzando manodopera che ha difficoltà a entrare nel mondo del lavoro. E continuano a farlo perchè funzionano secondo un meccanismo per cui nessuno se ne può andare con i soldi in tasca lasciando gli altri in braghe di tela. Anzi, si è costretti a reinvestire il danaro guadagnato».

Tra gli ambiti di azione, comunque, quelli classici hanno ancora un peso non da poco: sanità, salute mentale, integrazione degli stranieri, anziani, donne in difficoltà, giovani, disabili, persone fragili, dipendenze, carcere, gestione di minori italiani e stranieri, in particolare quelli che arrivano in Occidente non accompagnati da un adulto. Settori che portano a impegnarsi per sostenere centri di aggregazione, formazione professionale, scuole, asili. «Teniamo conto dei bisogni sociali di una persona -chiosa D’Alessio- quando nasce, cresce, studia, lavora, si ammala». Ecco perchè il campo sanitario, così come quello degli anziani, rimane uno dei più gettonati. Con ricadute che non sono solo economiche e occupazionali ma anche di benessere personale e sociale.