Monza, la Castoldi chiede il concordato al Tribunale di Monza

La Castoldi srl, società con sede a Monza in corso Milano e dieci punti vendita, attiva nel settore degli elettrodomestici, ha chiesto al Tribunale di Monza il concordato al Tribunale di Monza. La decisione arriva dopo che negli scorsi mesi il gruppo, che non è in crisi, è stato coinvolto in una inchiesta per frode fiscale della Procura di Como. La società respinge le accuse
Veduta area del tribunale di Monza
Veduta area del tribunale di Monza

La Castoldi srl chiede il concordato preventivo al Tribunale di Monza. La società che ha sede in corso Milano 47 (e sede amministrativa a Vimercate) attiva nel settore degli elettrodomestici dell’elettronica di consumo ma che si occupa anche di telefonia e informatica, ha aperto il 13 dicembre scorso una procedura. Una decisione, specifica la società, arrivata dopo che nel settembre il gruppo che fa parte di Euronics era rimasto coinvolto in una inchiesta della polizia giudiziaria di Como per una presunta frode fiscale. Un’accusa che l’azienda respinge e dalla quale conta di liberarsi in toto, ma che ha inciso in modo pesante sull’attività di questi mesi.

Sin da ottobre l’azienda (che conta su dieci punti vendita) “si è trovata nell’impossibilità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni a causa dell’irrigidimento del sistema bancario e dell’azzeramento dei fidi da parte delle società di assicurazione del credito dei fornitori”. La notizia dell’indagine, insomma, ha messo in crisi il meccanismo di approvvigionamento dei prodotti per la vendita. Per questo l’impresa, che vanta 60 anni di storia, ha annunciato di avere avviato la procedura di concordato per proteggersi da questa situazione e tutelare i suoi 150 dipendenti.

Fino al mese di settembre, quando l’operazione della Guardia di Finanza di Como aveva portato all’emissione di misure cautelari per 17 persone, tutto andava a gonfie vele. La Castoldi aveva fatturato nel corso del 2017 66 milioni di euro, con un risultato economico positivo e con la prospettiva, essendo alle porte del periodo storicamente più redditizio dell’anno per le vendite, di incrementare in modo consistente i ricavi. L’anno precedente il fatturato era stato di 86 milioni di euro con un utile di 400mila euro. Gli investigatori ritengono di aver scoperto una frode che complessivamente (tenendo conto, quindi, di tutti gli indagati) ammonterebbe a 300 milioni di euro di imponibile, 60 di Iva evasa e 25 milioni di imposte sui redditi sottratte al fisco. L’inchiesta aveva preso il via dopo un maxi sequestro di lampadine e pen drive nel novembre 2015 al valico italo svizzero di Brogeda.

I commissari giudiziali sono Maurizio Oggioni e Patrizia Riva.