Monza, la “casa dei nani” in via Italia: storia, ipotesi e leggenda dell’edificio impossibile

La casa dei nani, la chiamano in tanti. Così da farne una leggenda metropolitana che, finché non te lo dicono, nemmeno ci fai caso. Eppure all’inizio di via Italia c’è quel budello architettonico largo due braccia e alto come tutti gli altri edifici che alla base ha quella che sembra una porta circondata dal bugnato delle pietre e da un architrave. Ecco di che cosa si tratta.
Al centro, la “casa dei nani” in via Italia
Al centro, la “casa dei nani” in via Italia

La casa dei nani, la chiamano in tanti. Così da farne una leggenda metropolitana che, finché non te lo dicono, nemmeno ci fai caso. Eppure all’inizio di via Italia c’è quel budello architettonico largo due braccia e alto come tutti gli altri edifici che alla base ha quella che sembra una porta circondata dal bugnato delle pietre e da un architrave. Poco più sopra la targa toponomastica, quindi due apparenti piani. Uno aperto da una bifora, l’altro da una monofora. Apparentemente antiche. Apparentemente: perché forse non lo sono affatto.

Un passetto indietro: la leggenda è una di quelle storie carsiche che ogni tanto si riaffacciano nelle discussioni cittadine. La realtà è che anche i più assidui frequentatori di quell’angolo affacciato su largo Mazzini (si trova a un passo dall’attuale Feltrinelli, compresa tra due negozi di abbigliamento) spesso non l’hanno mai notata. Eppure ha quell’aria lì: quella dell’abitazione di un nano sufficientemente piccolo per vivere in uno spazio largo un respiro con la sua famiglia, in una casa divisa su tre piani. Le finestre al secondo e al terzo, per affacciarsi sulla strada, una porta alla base.

Di certo c’è che nn è una casa, e non lo è mai stata, dal momento che alla base non c’è che una cabina tecnica e ai piani superiori tutt’altro che stanze. Però resta il mistero di quelle finestre dall’aria d’antan. Da dove arrivano? Qualcuno ha azzardato che siano puramente i resti dell’antico castello. Nel senso: un pezzo del castello visconteo rimasto in piedi per opportunità attraverso i secoli. Ma basta guardare le mappe disegnate da Stefano Pruneri per capire che è impossibile. E allora la seconda ipotesi, a quel punto la più credibile: solo un pezzo di completamento tra due edifici in cui sono state incastonate due finestre vere del castello di Monza quando è stato fatto a pezzi dai De Leyva per ricavarne soldi facendo fruttare i materiali. Insomma: realmente un pezzo della Cascinazza sopravvissuto poco distante dalla sua sede naturale.

Possibile, piuttosto, che si tratti di tutt’altro, di un fake, per così dire: pezzi neogotici (quindi della fine dell’Ottocento) forse risalenti al rifacimento di Villa Durini, che aveva occupato il posto del castello e sarebbe stata poi stratificata dalla Frette prima e dalla Rinascente poi. Tutto da verificare, comunque: forse un giorno la verità sulla casa dei nani su saprà.