Monza, in tribunale sfilano gli ex clienti del centro massaggi a luci rosse

Chiamati a testimoniare, diversi ex clienti di un centro massaggi a luci rosse di Monza (chiuso nel 2015) si sono presentati in tribunale raccontando le loro storie. A giudizio, con l’accusa di sfruttamento della prostituzione, c’è un brianzolo.
Monza Tribunale
Monza Tribunale Fabrizio Radaelli

È facile pensare che molti degli ex clienti di un centro massaggi a luci rosse di Monza, chiuso nel 2015, avrebbero fatto volentieri a meno di presentarsi davanti ai giudici di piazza Garibaldi per raccontare le loro esperienze intime. Ma, chiamati a testimoniare, non si sono certo potuti tirare indietro.

«Era un periodo della mia vita difficile – ha detto uno di loro evidentemente in imbarazzo – avevo bisogno di essere coccolato e ho cercato su internet un massaggio più sensuale: c’era un numero di telefono, sul sito, e ho preso appuntamento. A Monza ho trovato una ragazza di colore e una bianca. Ho scelto quest’ultima. Ho pagato 80 euro per un massaggio completo, anche alle parti intime».
Un sessantenne brianzolo ha aggiunto che il centro: «Era pubblicizzato col nome ‘Le dee di Roma’, con foto di ragazze svestite. Alla fine ho pagato 80 euro».

A giudizio, con l’accusa di sfruttamento della prostituzione, c’è un brianzolo, ex titolare della sala di via Benvenuto Cellini, chiusa nel 2015 a seguito delle indagini condotte dagli agenti del commissariato di viale Romagna.

L’indagine sarebbe nata dalla denuncia di una ragazza italiana che aveva litigato con l’imputato (che la avrebbe anche minacciata) per la spartizione dei soldi, sostenendo che l’uomo tratteneva per sé quasi tutto, lasciando alle ragazze solo una minima parte. Il processo è stato rinviato ai primi di marzo.
Nel 2016, un’indagine dei carabinieri aveva portato alla chiusura di un altro centro simile in via Dante, dove venivano fatte prostituire ragazze extracomunitarie, e all’arresto di cinque persone. L’inchiesta era nata nella primavera 2015. I carabinieri avevano scoperto che la licenza era formalmente intestata a una donna cinese, ma a tirare le fila dell’attività erano due personaggi che pagavano l’affitto dei locali e le bollette e si occupavano di fare pubblicità online sui siti specializzati in incontri sessuali.