Liberazione per liberazione, perché non intitolare il nuovo viale Lombardia, gli spazi verdi che conterrà in superficie, a Nelson Mandela? La proposta parte dalla rivista online Vorrei ed è firmata dal suo direttore, Antonio Cornacchia, che mercoledì 11 dicembre ha tirato le somme di quello che è successo negli ultimi giorni e di quello che accadrà presto nell’area più martoriata dai lavori pubblici a Monza.
«Monza presto si libererà di un cantiere che da anni opprime in particolare i quartieri di San Fruttuoso e Triante. Al suo posto sorgerà un lungo giardino che potremmo dedicare alla memoria di Nelson Mandela. Non sarebbe un bel benvenuto sulla porta della città?» ha scritto Cornacchia.
E poi: «Ci sono tanti tipi di liberazione, da quella che diede vita alla Repubblica italiana a quella dall’apartheid in Sudafrica, da quella della schiavitù a quella — magari molto meno importante — dal traffico e da un maxi cantiere di una buona fetta della città di Monza. Molto presto il cantiere di viale Lombardia lascerà finalmente posto ad un lungo giardino, con piste ciclabili e molti alberi, ridando respiro ai cittadini, ai commercianti, a chi si sposta da un lato all’altro del tunnel. Anche questa è una (piccola) liberazione, dopo anni di disagi anche molto pesanti».
Con la speranza di non risultare offensivo, osserva il direttore di Vorrei, chiude così: sarebbe un bel benvenuto su una delle principali porte di accesso alla città e un magnifico modo per ricordare a noi tutti l’esempio di un uomo così importante per il mondo intero, non solo per la sua nazione.
Irriverente o no? No, secondo Enrico Casale, redattore della rivista Popoli, che di Africa ne sa molto. «Perché no – commenta – Mandela è stato un leader africano e internazionale, un uomo che ha pagato e in modo pesante la sua coerenza. E che, a differenza degli altri leader africani, non è mai stato corrotto: basta ricordare che diventato presidente ha lasciato dopo un solo mandato».
Scelte che dovrebbero dire molto ai nostri politici, sottolinea Casale. Ma non è solo questo, perché si tratta di un uomo «che è stato capace di sperare ogni oltre possibile speranza, che ha lottato quando l’apartheid sembrava a tutto il mondo un blocco inamovibile. E che nonostante abbia pagato la sua lotta con ventisette anni di carcere duro, non si è vendicato, anzi è stato capace di disinnescare la violenza nel suo Paese».
Insomma: sì, Nelson Mandela può essere qualcuno cui dedicare un pezzo importante di Monza, dice Casale: «In una Italia dove difficilmente i politici lasciano le loro poltrone e dove il livello di corruzione è altissimo. E in una Brianza che forse ha molto da imparare sotto il profilo della tolleranza e della convivenza».