Monza e Brianza è la seconda provincia più longeva d’Italia

Firenze, Monza e Treviso. È il podio delle province può longeve d’Italia secondo il report dell’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane in un focus dedicato alle disuguaglianze di salute in Italia.
Monza Estate anziani
Monza Estate anziani Fabrizio Radaelli

Firenze, Monza e Treviso. È il podio delle province può longeve d’Italia secondo il report dell’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane in un focus dedicato alle disuguaglianze di salute in Italia.

Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, fa totalizzare 1,3 anni in più della media nazionale, seguita da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio: 83,92 per la provincia brianzola e 83,86 per quella veneta.

L’altra faccia della medaglia del dato sulla sopravvivenza è l’enorme svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella media nazionale (in Campania la media è di 78,9 anni per gli uomini e 83,3 per le donne), seguite da Caltanissetta e Siracusa con uno svantaggio di sopravvivenza di 1,6 e 1,4 anni rispettivamente.

“Il Servizio sanitario nazionale oltre che tutelare la salute, nasce con l’obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche”, ha spiegato il direttore scientifico Alessandro Solipaca.

In generale, rileva l’Osservatorio con sede all’Università Cattolica di Roma, in Italia si vive più a lungo a seconda del luogo di residenza o del livello d’istruzione: si ha una speranza di vita più bassa al Sud, in particolare in Campania, o se non si raggiunge la laurea. Inoltre chi ha un titolo di studio basso ha anche peggiori condizioni di salute. Queste disuguaglianze sono acuite dalle difficoltà di accesso ai servizi sanitari che penalizzano soprattutto chi ha un livello sociale più basso. Il Servizio sanitario nazionale assicura la longevità, ma non l’equità sociale e territoriale.

“I divari di salute sono particolarmente preoccupanti quando sono così legati allo status sociale, poiché i fattori economici e culturali influenzano direttamente gli stili di vita e condizionano la salute delle future generazioni – si legge nel focus – Un tipico esempio è rappresentato dall’obesità, uno dei più importanti fattori di rischio per la salute futura, la quale interessa il 14,5% delle persone con titolo di studio basso e solo il 6% dei più istruiti. Anche considerando il livello di reddito gli squilibri sono evidenti; i fattori di rischio si riflettono anche sul contesto familiare”.

Alle disuguaglianze di salute si affiancano quelle di accesso all’assistenza sanitaria pubblica ed è per questo che “la sfida futura del Ssn sarà quella di contrastare le persistenti disuguaglianze con interventi e politiche urgenti. Apprezzabile la sensibilità dimostrata su questi temi dal Ministero delle salute nel rapporto “L’Italia per l’Equità nella Salute” pubblicato recentemente. Il Rapporto avanza alcune proposte e linee strategiche che appaiono condivisibili e orientate nella giusta direzione. In particolare, si ritiene prioritaria l’attivazione di iniziative finalizzate all’empowerment culturale verso i temi della salute e degli stili di vita, da attuare nelle scuole per i ragazzi e le loro famiglie”.