Monza, accusato di spaccio di droga dopo il furto nel box: caso archiviato dopo un anno

Un anno d’inferno e poi l’archiviazione del caso. È l’odissea vissuta da un ingegnere di Monza finito a processo con l’accusa di spaccio di droga dopo il ritrovamento di 350 grammi di cocaina nel box che aveva affittato e che era stato visitato dai ladri.
Il tribunale di Monza
Il tribunale di Monza

Durante un sopralluogo di furto, un anno fa, le forze dell’ordine avevano scovato della droga all’interno del box che aveva affittato per ammucchiare del fertilizzante e, per questa faccenda, un ingegnere monzese era finito nei guai. Ma nei giorni scorsi il Gip di Monza, Federica Centonze, ne ha archiviato la posizione, accogliendo la richiesta della Procura.

Per mesi l’indagato, difeso dall’avvocato Francesco Mongiu del Foro di Monza, se l’è vista davvero brutta, vista l’accusa di detenzione ai fini dello spaccio di sostanze stupefacenti. Un’accusa della quale l’uomo, tuttavia, era totalmente estraneo.

I fatti risalgono al 20 dicembre del 2016. A Cologno Monzese l’ingegnere di Monza aveva affittato un box che fu visitato dai ladri insieme ad altri garage dello stesso complesso. Diversi giorni dopo, l’11 gennaio, il proprietario dei box chiese l’intervento dei carabinieri che durante il sopralluogo individuarono 350 grammi di cocaina nascosta all’interno del box affittato dall’ingegnere.
L’indagato è stato scagionato proprio perchè in quel lungo lasso di tempo chiunque avrebbe potuto mettere la droga nel box. Peraltro l’indagato non era presente né quando era stato scoperto il furto, per il quale era stato informato telefonicamente e neppure l’11 gennaio durante il sopralluogo dei carabinieri.

Gli investigatori dopo aver raccolto la versione dei fatti da parte dell’ingegnere indagato hanno avviato una minuziosa attività di indagine anche attraverso intercettazioni telefoniche, ma dai telefoni non emersero riscontri di alcun tipo. Neppure le perquisizioni effettuate nella sua abitazione di Monza e nel suo ristorante a Milano avevano portato a piste significative.

Durante l’interrogatorio aveva spiegato che il box veniva utilizzato non solo come parcheggio auto, ma anche come deposito di fertilizzante della cui commercializzazione si occupava in Italia in qualità di rappresentante per conto di una società. Su istanza del difensore Mongiu, era stato sentito anche il proprietario dei box che aveva confermato di aver saputo dei furti da uno degli inquilini. Dal momento in cui la saracinesca era stata scardinata fino al momento del sopralluogo dei carabinieri il box era stato accessibile a un numero indefinibile di persone. Motivo per cui non c’era alcuna prova del fatto che la droga fosse nella disponibilità di chi aveva affittato il garage.