Monsignor Galantino ospite a Monza del Club Unesco: «Dilaga la cultura del filo spinato»

«Le targhe commemorative non bastano, i testimoni devono essere mantenuti vivi». Si presenta così monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ospite giovedì sera a Monza, nella chiesa di San Pietro martire.
Monsignor Galantino, segretario della Cei, a San Pietro Martire a Monza. A sinistra, il direttore de il Cittadino, Martino Cervo; a destra Filippo Carrese del Club Unesco
Monsignor Galantino, segretario della Cei, a San Pietro Martire a Monza. A sinistra, il direttore de il Cittadino, Martino Cervo; a destra Filippo Carrese del Club Unesco

«Le targhe commemorative non bastano, i testimoni devono essere mantenuti vivi». Si presenta così monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ospite giovedì sera a Monza, nella chiesa di San Pietro martire, per celebrare il quinto anniversario del riconoscimento da parte dell’Unesco del duomo di Monza e della regina Teodolinda come monumento e testimone di una cultura di pace. «Ho visto la targa che è stata posta all’ingresso della cappella di Teodolinda in duomo e che ricorda il suo ruolo di costruttrice di pace, ma quello non deve essere solo un pezzo di metallo ma un invito a essere protagonisti della storia come lo furono Teodolinda e papa Gregorio Magno».

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Un dialogo con il pubblico, numeroso nonostante la pioggia fitta, un discorso che ha saputo collegare il tempo della regina longobarda con il presente: dall’accoglienza dei migranti alle posizioni “autoreferenziali” di molti Stati. «Stiamo assistendo al dilagare della cultura del muro e del filo spinato – ha incalzato il segretario della Cei -. L’accoglienza è certamente difficile, spesso fatichiamo persino a comprendere come mai in tanti rischino la vita per arrivare in Europa, impareremmo però tanto di questa gente se ascoltassimo le loro storie».

Cita il Vangelo con il passo “ero forestiero e mi avete accolto”, ma anche le “Leggi” di Platone, che parlano di “sacralità dell’accoglienza”. «Teodolinda e papa Gregorio ci servano da esempio di multiculturalità e integrazione, ma non sono ingenuo, so che non si possono accogliere tutti. È importante non farsi prendere dall’emotività, ma stabilire insieme norme che permettano di non morire in mare, in viaggio verso un futuro migliore». E poi l’affondo a certa politica: «Non capisco chi difende il crocifisso nei luoghi pubblici e poi prende a calci i tanti Gesù Cristo che camminano per le nostre strade».