Limbiate e Varedo, racket delle prostitute: olio bollente sulle ragazze che si ribellavano

Una “cupola” albanese agiva anche tra Limbiate, Senago, Varedo. Nell’operazione “Mercante in Fiera” della Squadra Mobile di Milano arrestati anche alcuni cittadini albanesi che avevano la loro base proprio in queste zone della Brianza. Avrebbero sfruttato giovani ragazze dell’Est.
Prostituite per strada
Prostituite per strada

La “cupola” albanese che monopolizzava le zone più redditizie della prostituzione, tra la circonvallazione esterna a sud di Milano, e la statale dei Giovi, alle porte della provincia di Monza, tra Limbiate, Senago, Varedo. Nell’operazione “Mercante in Fiera”, condotta nei giorni scorsi dagli agenti della Squadra Mobile di Milano, ci sono anche alcuni cittadini albanesi che avevano la loro base proprio in queste zone della Brianza.

Venticinque le persone di origini albanesi raggiunte da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip milanese Anna Magelli per traffico di droga, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Tra i vari capi di imputazione, risultano anche vicende di sfruttamento di giovani ragazze dell’est costrette a prostituirsi lungo le strade brianzole, e che in certe occasioni subivano dure punizioni corporali ( ad una sarebbe stato versato dell’olio bollente sulle gambe).

Dalle indagini è emerso che un gruppo di altri sfruttatori rumeni era costretto a pagare una “tassa” a questa banda di albanesi provenienti dallo stesso paese di Fier. Ogni ragazza “fruttava” 500 euro a notte, circa 12mila euro al mese: bastava “gestirne” tre per arrivare fino a 40mila, per un giro d’affari di milioni di euro. Una trentina le ragazze coinvolte, per la maggior parte albanesi, rumene e moldave, di età tra i 20 e i 25 anni. Tutte portate in Italia con l’inganno di trovare un’occupazione stabile, ma invece poi inserite nel racket.

Ognuna valeva un affitto sul marciapiede di 100 euro a notte, mentre si potevano comprare gli “spot” a 7mila euro. Di particolare importanza il ruolo dei “capizona” (ossia di proprietario delle postazioni di prostituzione dislocate in una determinata zona), che gli investigatori della Mobile, diretti da Lorenzo Bucossi, attribuiscono, tra gli altri, a uno degli arrestati, un albanese residente a Limbiate, che in particolare avrebbe approfittato del lavoro sulle strade di una giovane connazionale che esercitava lungo la strada dei Giovi a Lentate sul Seveso.