L’editoriale del direttore sul caso Carate: sulle mamme più “battiti” che dibattiti

“Difendere la famiglia è un “battito” umano così ragionevole che non può avere paura di nessun libro”. L’editoriale del direttore del Cittadino Martino Cervo sul caso scatenato dal libro “Ho 2 mamme” nella biblioteca di Carate Brianza.
L’editoriale del direttore sul caso Carate: sulle mamme più “battiti” che dibattiti

Queste due mamme spaccano Carate, titolava il Cittadino di sabato nell’edizione della Brianza Nord. Non solo Carate: dopo la notizia data da questo settimanale, la polemica legata al libro “Ho due mamme” è approdata al consiglio del comune brianzolo, sulla stampa nazionale e al Senato , dal momento che la senatrice desiana del Pd Lucrezia Ricchiuti ha voluto commentare dal suo scranno l’interrogazione presentata da tre consiglieri del Pdl, che a Carate c’è ancora e sta all’opposizione.

La vicenda (che fa il paio con l’associazione transgender invitata e “respinta” allo Zucchi) ha un aspetto più vasto della cronaca cittadina, che giornalisticamente si presenta su un piatto d’argento se rinchiusa nel vecchio schemino “laici contro cattolici”. C’è infatti un dato più interessante di un libro pubblicato con il legittimo ed evidente intento di costruire per i bambini una Weltanschauung simpatetica con le cosiddette famiglie omogenitoriali. Un dato che unisce chi sposa la causa di Luca Panzini e Fabri Kramer e chi si ritiene leso dall’ospitalità data al loro testo nelle biblioteche pubbliche.

Da cosa nasce – al netto delle strumentalizzazioni – l’afflato tutto contemporaneo per i “nuovi diritti” individuali, affettivi, di coppia? In fondo, dalla stessa cosa che muove chi sente minacciata la propria esperienza di famiglia: un’esigenza di felicità, di bene da vivere e vedere riconosciuto in tutti i suoi aspetti. Questo non parifica le cose, né può rimuovere l’evidenza che occorrano un uomo e una donna per generare un figlio (ciò che invece l’ideologia nega): offre però un’angolatura più soddisfacente a una contrapposizione di etichette senza sostanza: oscurantisti, incostituzionali, omofobi, manipolatori…

Il terreno della libertà di espressione di sé che il cardinale Scola chiama «racconto di vita buona» è l’unico che sposta la questione dalla rivendicazione risentita alla testimonianza. Ed è l’unico che fa emergere il vero banco di prova dei “nuovi diritti”: l’inconsistenza nel loro essere risposta totale ai bisogni. Ovvero: basta una legge sul matrimonio gay a rispondere al desiderio di felicità di un omosessuale? La cultura contemporanea paga al fondo questo scotto: propone, schiacciando la risposta su una soluzione normativo-burocratica, una moltiplicazione di risposte non tanto moralmente sbagliate quanto umanamente insoddisfacenti. Meno dibattiti e più battiti, invocava Testori: difendere la famiglia è un “battito” umano così ragionevole che non può avere paura di nessun libro.