L’addio di Civati al Pd: «Per prima cosa mi dedicherò al partito degli astensionisti»

“Ciao”. Si intitola così la lunga spiegazione di Giuseppe Civati, detto Pippo, sull’uscita dal gruppo del Partito democratico alla Camera e dal partito. Civati in parlamento passa al Gruppo misto, ma sta pensando al futuro: «Non lo faccio per aderire a un progetto politico esistente, ma per avviare un percorso nella società italiana».
Monza, Pippo Civati lascia il Partito democratico
Monza, Pippo Civati lascia il Partito democratico Fabrizio Radaelli

“Ciao”. Si intitola così la lunga spiegazione di Giuseppe Civati, detto Pippo, sull’uscita dal gruppo del Partito democratico alla Camera e dal partito. L’onorevole monzese l’ha pubblicata sul suo blog nel tardo pomeriggio di mercoledì, quando ormai la notizia della sua decisione – anticipata a metà giornata dal quotidiano online il Post – aveva fatto il giro di internet e dei notiziari. Con centinaia di commenti, riassumibili in uno solo: “Era ora”.

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Civati in parlamento si siederà ora nei posti del Gruppo misto, ma sta pensando al futuro.

“Il mio è un messaggio per gli elettori del Pd e del centrosinistra: mi dispiace, per me, per voi. Mi dispiace deludere alcuni di voi e condividere la delusione di chi deluso è già da molto tempo – scrive l’ormai ex Pd – Come molti, non mi sento rappresentato da questa situazione. Lo ripeto da qualche giorno: non ho più fiducia in questo governo, nelle sue scelte, nei modi che ha scelto, negli obiettivi che si è dato”.

Poi: “Non ho più fiducia perché dopo la fiducia della scorsa settimana, non si può chiudere così, come se fosse solo una parentesi, come se questo non costituisse un precedente. Per ragioni di coerenza passo al gruppo misto, nella considerazione che anche il gruppo del Pd lo sia diventato, avendo accolto parlamentari di tutte le provenienze. Ciò comporta, come conseguenza, che io lasci il Pd, cosa che non avrei mai fatto, ma ormai il Pd è un partito nuovo e diverso, fondato sull’Italicum e sulla figura del suo segretario. Chi non è d’accordo, viene solo vissuto con fastidio”.

E ancora: “Non lo faccio per aderire a un progetto politico esistente, ma per avviare un percorso nella società italiana, alla ricerca di quel progetto di cui parlai un anno fa, che ho sempre avuto nel cuore. Nessuna polemica con chi nel Pd rimane, solo l’auspicio di ritrovarsi un giorno, a fare cose diverse da quelle che si stanno facendo ora. E certo mi dovrei dimettere da parlamentare, fare come ha fatto Walter Tocci (che fortunatamente è ancora senatore), ma faccio notare che mi dimetto volentieri se lo fanno anche tutti gli altri: se cioè si andasse a votare, anche subito, ciascuno con il suo programma, per darsi una vera legittimazione”.

Dopo un’analisi sulla campagna elettorale in atto per le Regionali di fine maggio, con i candidati che continuerà a sostenere nel Pd, le intenzioni per il futuro. “Rimango in Parlamento a fare le cose che ho sempre promesso di voler fare, prima, durante e dopo. Mentre in questi mesi si discuteva nel Pd, ho frequentato la sinistra e la società. Per prima cosa mi dedicherò al partito degli astensionisti, il partito più grande, che vincerebbe le elezioni direttamente al primo turno per dare la risposta a Saramago e al Saggio sulla lucidità e a quelli che in quel romanzo si chiamano «biancosi». Perché questa non è solo una fine, è anche un inizio”.