La riforma della sanità arriva in aula: partita ancora aperta sul futuro della salute

Ancora scintille a pochi giorni dall’arrivo in aula al consiglio regionale della Lombardia del testo di riforma della sanità. Una legge che ancora non mette d’accordo in maggioranza Lega e Forza Italia. Ma i rilievi arrivano dalle opposizioni. Martedì via al confronto al Pirellone.
La sede della giunta della Regione Lombardia
La sede della giunta della Regione Lombardia

Parte in salita la riforma della sanità lombarda che martedì 14 luglio arriverà sui banchi della Regione Lombardia. Già il passaggio in commissione aveva messo in luce che anche all’interno della maggioranza di centrodestra, in particolare tra Lega nord e Forza Italia, i contrasti non sono stati del tutto risolti, con un provvedimento approvato soltanto in modo parziale all’unanimità.

LEGGI il passaggio della riforma in commissione

Poi domenica 12 è arrivato un altolà, e di peso, proprio dall’interno della coalizione di governo del Pirellone. Quello di Matteo Salvini che dopo aver detto di averne «già parlato con Maroni» ha detto no alla fusione tra Fatebenefratelli e Macedonio Melloni con Buzzi per creare il polo ospedaliero dei bambini a Milano. «Non metto becco su altro, ma se qualcuno pensa di giocare a risiko sulla pelle di bambini e medici… Non esiste il voto della Lega. E se qualcuno si arrabbierà, gli passerà. Ne discuteremo in aula martedì». Il Corriere della Sera ne ha dato una lettura precisa, «con il Buzzi tirato un po’ di qua o di là, a seconda delle forze politiche, ognuna con i suoi esperti ascoltati – scrive il quotidiano di via Solferino – Così se il binomio Fatebene-Buzzi trova l’approvazione di Luca Bernardo, primario di pediatria del Fatebenefratelli sostenuto dagli azzurri (che hanno anche l’assessore alla partita, Mario Mantovani), è invece molto ascoltato dalla Lega Nord Gian Vincenzo Zuccotti, alla guida contemporaneamente della pediatria di Buzzi e Sacco».

Lunedì sono attese in Regione Lombardia le diverse conferenze stampa di Cgil-Cisl-Uil, Pd, Lista civica e M5S con le riserve sulla proposta di riforma, intanto lo scontro continua all’interno della maggioranza. Fabio Altitonante (Forza Italia): «Sarebbe un grave errore. Accorpare Fatebenefratelli e Macedonio Melloni con il Buzzi – ha dichiarato alle agenzie- vuol dire creare un polo da 6.232 parti l’anno e 800 ricoveri in terapia intensiva neonatale. Senza questo progetto la riforma non avrebbe più senso mentre era l’occasione per dotare Milano di un vero ospedale del bambino».

Intanto Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda di Forza Italia, si è presa il tempo di di dire che «Mantovani non si tocca» (l’assessore alla sanità lombardo, targato Forza Italia) e che «abbiamo evitato lo sbilanciamento a favore del pubblico, la libertà di scelta e la parità fra ospedali pubblici e privati non si toccano». La coordinatrice azzurra ammette le frizioni sul progetto con il Carroccio ma ora aggiunge: «Nessuno ha interesse a destabilizzare la maggioranza. E poi, se la presidenza della Regione è in mano alla Lega è giusto che l’assessorato alla sanità sia di Forza Italia. Punto. In Liguria, a parti invertite, Fi ha la presidenza e la Lega ha la sanità». Che messa così sembra proprio una questione di spartizioni. E gli accorpamenti? «Ci sarà da discutere parecchio su questo. Noi vogliamo un’integrazione funzionale dei servizi. Bisogna stare attenti a ridisegnare la mappa degli ospedali per non creare disagi ai cittadini».

Roberto Maroni nel frattempo è tornato sui motivi del progetto di riforma. «Vogliamo solo rendere il sistema ancora più efficiente e migliorarlo e questo porterà comunque a un risparmio che stimiamo in circa 300/350 milioni di minore spesa. I soldi risparmiati saranno reinvestiti nel sistema. Per cui non sono previste chiusure degli ospedali “perché dobbiamo risparmiare”. Un piccolo ospedale in montagna o in una valle se è un presidio va mantenuto, mentre un ospedale vicino a un altro ospedale, che duplica i servizi e raddoppia la spesa, non va mantenuto. Non è stato ancora deciso nulla, questa non è una proposta blindata ma aperta al contributo di tutti». Martedì il testo in aula, poi il governatore si aspetta che la legge venga approvata tra fine luglio e inizio agosto. «C’è ancora tutto il tempo per confrontarci e fare delle modifiche in base alle osservazioni o critiche che arriveranno. Non abbiamo preclusioni. Vogliamo ascoltare le ragioni dei territori e poi decidere».

LEGGI la presentazione del progetto al Pirellone

«Se Maroni ritiene davvero che vi siano proposte interessanti tra quelle del nostro Decalogo, fermi questa china e riapra il tavolo della discussione, che non può essere riaperto se non in commissione – ha detto il capogruppo Pd Enrico Brambilla – altrimenti sarà inevitabile che una discussione fatta tutta in Aula si traduca in un muro contro muro». Il decalogo del Pd risale a martedì 7 luglio, quando i Democratici hanno presentato una serie di rilievi alla riforma della sanità: dieci proposte che parlano di semplificazione (le Asst bastano), del no alla cancellazione dei distretti sociosanitari («una follia» che cancella il ruolo dei comuni), dei metodi di scelta dei manager con meno politica, un sistema premiante per gli ospedali che curano meglio e controlli frequenti e indipendenti sul servizio. E ancora: vanno eliminate le funzioni non tariffate (un miliardo di euro l’anno) che sono state alla base di molti scandali; più servizi online e in farmacia; accorpamenti sì, ma con criterio e «la salute non sia un privilegio. La compartecipazione dei cittadini lombardi oggi è troppo alta e iniqua. Bisogna rimodulare tutti i ticket in base al reddito esentando tutti coloro che hanno un reddito sotto i 30 mila euro annui».

Nel frattempo, giovedì 9 luglio, si è parlato della riforma a Lissone in una serata a palazzo Terragni organizzata dal gruppo consiliare regionale “Maroni presidente”, aperta dal consigliere del Pirellone Lino Fossati e con Fabio Rizzi (Lega nord), Stefano Bruno Galli (Lista Maroni), Claudio Pedrazzini (Forza Italia), Enrico Brambilla (Partito democratico) e Stefano Carugo (Ncd). «La riforma del sistema socio sanitario lombardo ridurrà i costi e permetterà di migliorare i servizi. I risparmi che deriveranno dalla riforma permetteranno a Regione Lombardia di prevedere l’esenzione del superticket. Si tratta di una misura che riguarderà potenzialmente 2,5 milioni di lombardi, uno ogni quattro» ha assicurato Antonio Saggese, consigliere regionale del gruppo “Maroni Presidente”.