Il pm Dolci: «La ’ndrangheta pronta a fare affari in Lombardia sui rifiuti Covid, indagini in corso»

Il capo della Dda è intervenuta in audizione in videoconferenza in occasione di una seduta della Commissione parlamentare ecomafie. La criminalità organizzata ha messo gli occhi sullo smaltimento di mascherine e guanti e sulla sanificazione.
Il procuratore aggiunto Alessandra Dolci durante la video audizione
Il procuratore aggiunto Alessandra Dolci durante la video audizione

«La ‘ndrangheta in Lombardia ha una irresistibile attrazione per i rifiuti, un settore che è una testa di ponte per allargare i rapporti con il mondo imprenditoriale e quindi il capitale sociale». Una infatuazione che durante l’emergenza Covid-19 non è andata in quarantena. Anzi. Secondo la procuratrice aggiunta presso il tribunale di Milano, Alessandra Dolci (già pm a Monza), capo della Dda milanese, intervenuta martedì in audizione in videoconferenza in occasione di una seduta della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, la criminalità organizzata ha già messo gli occhi sulla gestione dei rifiuti legata all’emergenza Covid-19 («hanno progettualità in divenire») e le istituzioni e le forze dell’ordine hanno immediatamente “alzato le antenne” avviando delle indagini: «Monitoriamo soggetti in odore di 416bis e abbiamo colto l’immediato interesse a sfruttare questa occasione».

Dolci, ha definito «inopportune» le ordinanze regionali della Lombardia del 1 aprile e del 29 maggio che, in periodo di emergenza sanitaria, «hanno concesso in deroga alle aziende del settore (3.500 quelle autorizzate in Lombardia ndr) – dichiarabile con una semplice Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) – uno stoccaggio di rifiuti superiore del 20% senza accompagnare questo provvedimento con un incremento delle garanzie fidejussorie». Senza contare, ha aggiunto, «che durante il lockdown la produzione di rifiuti è calata». Oltretutto, ha aggiunto: «stiamo soffrendo per una rarefazione dei controlli che già prima non erano tempestivi. Consentire, pur se temporaneamente, un aumento di stoccaggio in un periodo in cui i controlli saranno ancora più rarefatti, forse non era opportuno. Mi rendo conto che però possano essere prevalse altre valutazioni, soprattutto relative alla situazione economica in cui versano le imprese».

Non ha tardato ad arrivare la risposta della Regione: «Regione Lombardia si è sempre mossa seguendo le norme comunitarie, nazionali e le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanita’ (Iss). Inoltre, le disposizioni hanno un carattere temporaneo, rimanendo in vigore solo fino al 31 agosto 2020, poiché legate esclusivamente alla fase acuta dell’emergenza. Si fa presente che nella fase di lockdown si è ridotta la produzione di rifiuti speciali derivanti da attività industriali, ma non la produzione di rifiuti urbani e speciali derivanti altre attività imprenditoriali, provocando un accumulo di rifiuti in alcune filiere (plastica, legno, scorie da incenerimento). Per non mandare a smaltimento tali materiali, che anche per indirizzi comunitari devono prioritariamente essere recuperati, su indicazione del Ministero dell’ambiente (si veda la Circolare ministeriale recante ’Criticita’ nella gestione dei rifiuti per effetto dell’emergenza COVID 19’ del 1aprile 2020) si e’ proceduto a redigere un’ordinanza di deroga temporanea agli stoccaggi di rifiuti in attesa che riaprissero le filiere di recupero, in analogia ad altre regioni quali Emilia Romagna-Liguria e Piemonte, prevedendo un incremento massimo del 20%, con la garanzia di tutte le condizioni di sicurezza. Tale necessità, più volte segnalata dagli operatori del settore, era peraltro gia’ stata esplicitamente prevista dal DL Cura Italia (18 del 17 marzo 2020, poi convertito con Legge 27/2020) per i depositi temporanei. Per quanto riguarda invece il tema della fidejussione – conclude la nota – non ne è stato previsto l’incremento né da noi nè dalle altre Regioni, né tantomeno dalle disposizioni nazionali proprio perché si trattava di una previsione emergenziale e temporanea»

«Qui in Lombardia c’è la ‘ndrangheta imprenditrice – ha detto ancora Dolci – che stringe alleanze con chi vuole affacciarsi con qualunque mezzo sul mercato». In periodo di coronavirus ci sono il business dello smaltimento di mascherine e guanti (rifiuti indifferenziati, da termovalorizzare) e della sanificazione. A proposito del trattamento rifiuti Covid, Dolci ha sollevato un appunto sulla uniformità di trattamento e smaltimento dei “dpi” utilizzati in abitazioni private da soggetti sani e in quarantena. «Questi ultimi dovrebbero essere a mio parere trattati come rifiuti speciali alla stregua di quelli ospedalieri» ha detto.

Anche in questo caso la Regione ha replicato: «Abbiamo seguito le indicazioni della Commissione Europea e dell’Istituto Superiore della Sanità che, valutato il rischio potenziale di trasmissibilità del virus e valutate le possibili alternative di gestione di tali rifiuti, hanno ritenuto di suggerire la gestione dei Dpi quali rifiuti indifferenziati, adottando opportune cautele per la raccolta e lo smaltimento di tali materiali. La raccolta separata viene infatti consigliata per tutte quelle Regioni che, non essendo dotate di impianti di incenerimento conferiscono in impianti di trattamento o in discarica i rifiuti indifferenziati, in questi casi infatti gli operatori del servizio vengono in contatto con i rifiuti stessi esponendosi a potenziale contagio. Non è stato disposto lo smaltimento come rifiuti sanitari – prosegue la nota – poiché gli impianti dedicati a tale tipologia hanno una capacita’ limitata: si sarebbe rischiato di saturarli lasciando in emergenza le strutture sanitarie. Inoltre, i comuni o i privati cittadini avrebbero dovuto attivarsi per contrattualizzare il ritiro di tali rifiuti con significativo incremento dei costi di smaltimento, dell’ordine di dieci volte quello ordinariamente sostenuto».

Intanto, se Procure e Prefetture hanno affilato le armi della prevenzione, stroncando sul nascere il business della criminalità organizzata in Lombardia e nel Nord degli incendi di capannoni gonfi di rifiuti provenienti in gran parte dalla Campania («un fenomeno attivo nel 2017 e 2018») si sta assistendo a un «flusso inverso dei rifiuti, da Nord a Sud, in particolare in cave non autorizzate in Calabria» e a traffici transnazionali, soprattutto verso l’Est Europa con falsi documenti di trasporto che attestano il movimento di “plastica e gomma”, riciclabili, quanto in realtà si tratta di rifiuti indifferenziabili.

Proprio di recente, e indagini sono in pieno corso, tanto che la procuratrice aggiunta non è scesa nei particolari, sono stati scoperti e sequestrati a Lecco 17 vagoni stipati di rifiuti indifferenziati destinati alla Bulgaria. «La ‘ndrangheta ha deviato il suo interesse dal business degli incendi a quello “dell’aiuto” a società regolari del settore, alcune delle quali si sovraccaricano di rifiuti per guadagnare di più e devono smaltire il surplus in maniera irregolare, o che si trovano in difficoltà per carenza di liquidità o mancanza di spazi adeguati, oppure che hanno l’attività bloccata dopo un sequestro giudiziario» ha concluso il magistrato.