Il Papa e le guarigioni inspiegabili Medici increduli anche a Monza

Papa Giovanni XXIII è diventato santo senza che sia stato riconosciuto ufficialmente un secondo miracolo avvenuto dopo la sua beatificazione. Ma negli atti della canonizzazione spunta anche un fatto inspiegabile che nasce a Monza.
L’effige di Giovanni XXIII a Sotto il Monte, nella Bergamasca
L’effige di Giovanni XXIII a Sotto il Monte, nella Bergamasca

Papa Giovanni XXIII è diventato santo senza che sia stato riconosciuto ufficialmente un secondo miracolo avvenuto dopo la sua beatificazione.

Ma agli atti della canonizzazione, nella cosiddetta “Positio” di Angelo Roncalli, sono segnalate molte guarigioni inspiegabili. Sono vicende non considerate formalmente miracoli, quindi non analizzate dettagliatamente da commissioni mediche, ma che la Congregazione che si è occupata della causa ha ritenuto di dover segnalare, ritenendole evidentemente credibili.

Tra queste c’è una segnalazione che arriva da Inverigo. Scrive infatti il vaticanista de “La Stampa” Andrea Tornielli che nel novembre novembre 2005 una famiglia di Inverigo aveva segnalato la scomparsa di una massa tumorale addominale nella nipotina Valentina. Il tumore era stato diagnosticato con Tac ed ecografie all’ospedale San Gerardo di Monza. I familiari della bambina hanno raccontato di essere andati a chiedere la grazia a Papa Giovanni a Sotto il Monte dopo che gli esami avevano evidenziato una massa maligna grande come un pompelmo. Il 3 novembre, giorno stabilito per asportare il tumore con un intervento chirurgico, cita Tornielli, «praticato il taglio, con grande stupore dei chirurghi, la massa era sparita. Dopo due mesi, medici primari e chirurghi non sanno dare spiegazioni mediche scientifiche sulla massa tumorale scomparsa».

La vicenda non risulta mai essere stata di dominio pubblico Alberto Bartesaghi, ex sindaco e amministratore del paese, grande devoto di Papa Roncalli, è rimasto sorpreso dalla segnalazione. «Se è successo davvero, la famiglia deve avere mantenuto uno strettissimo riserbo, perché noi, ma nemmeno il parroco, non ne eravamo a conoscenza»