Il campione Tomasoni ai ragazzi di Monza: «La vita ti fa gli esami e poi la lezione, ma si può sempre rinascere»

Il campione paralimpico Tomasoni al liceo Zucchi di Monza per una lezione speciale ai ragazzi. «La vita ha dei metodi strani per insegnarti le cose. Al contrario della scuola: prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione».
Monza Liceo Zucchi Incontro con Giordano Tomasoni
Monza Liceo Zucchi Incontro con Giordano Tomasoni Fabrizio Radaelli

«La vita ha dei metodi strani per insegnarti le cose: solitamente a scuola prima bisogna studiare un argomento a lezione, e poi ti fanno l’esame. La vita è il contrario: prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione»: ha colpito così, Giordano Tomasoni, il cuore dei ragazzi del liceo Zucchi.

L’atleta paralimpico ospite speciale della scuola superiore monzese per raccontare senza filtri la sua esperienza personale. Quella che l’ha visto prima sprofondare e poi rinascere fino a diventare un campione. È nato a Clusone il 9 dicembre del 1970, ma vive a Castione della Presolana, cioè il luogo che ha fatto nascere in lui la passione per la bici e per lo scii. Marito e padre di due figlie, oggi è uno specialista di handbike e scii nordico. Disabile, le gambe inutilizzabili, è in sedia a rotella dal 14 novembre del 2008. Il giorno in cui ha tentato il suicidio: «Ho preso la mia vita e l’ho buttata giù da un ponte».

«Ciò che veramente conta, è che sono vivo, con una condizione che in tutta sincerità non avevo minimamente preventivato» ha detto ai liceali dello Zucchi. «Nella caduta mi è esplosa una vertebra e la diagnosi è impietosa: paraplegia. È vero, in un attimo si è chiusa la porta sul passato e il dopo era improvvisamente diventato un grosso punto interrogativo. Senza sapere quanto ci sarei restato, dopo l’incidente ho varcato le porte del centro di riabilitazione motoria di Mozzo e ci sono rimasto un anno intero. Da allora tutto è cambiato. Anzi no, non tutto: è infatti rimasta la vita con le sue molteplici possibilità di rinascere.»

La disabilità più grande, ha assicurato, non è quella che vive ora: piuttosto quella l’ha spinto a tentare di togliersi la vita. «La mia disabilità attuale non mi importa» ha detto ricordando il periodo prima dell’incidente: «Tutto ti sembra una montagna da scalare, tutto ti schiaccia, ti opprime. Arrivano l’insonnia, l’inappetenza, la freddezza verso le persone care. Non ti interessa più niente, nemmeno tua figlia. Nemmeno la tua vita. Perché tutto è un peso. Come se avessi sempre il mondo sulle tue spalle».

Rinato. La parola che usa per descrivere la capacità di prendere la sua disabilità e impegnarla nello sport. Giordano Tomasoni si è laureato più volte campione d’Italia nella disciplina handbike (la bici a pedalata manuale) e ha partecipato alle gare di scii di fondo alle paralimpiadi di Sochi nel 2014.

«Io combatto e racconto la mia vicenda in scuole, oratori, biblioteche, la racconto sempre con l’intenzione di sensibilizzare il problema della depressione – ha concluso – Una malattia sottovalutata e presa troppe volte alla leggera, perché ritenuta un problema che per comodità è meglio non affrontare. Io sono rinato e adesso sono un uomo migliore».

(con la collaborazione di Luca Franzini)