Frode fiscale e riciclaggio per 75 milioni: 5 arresti della Finanza di Monza

I militari del Gruppo di Monza, coordinati dalla Procura della Repubblica brianzola, hanno concluso un’articolata indagine (operazione “Hidden Accounts”), durata oltre 2 anni, nei confronti di un’organizzazione criminale, operante su scala internazionale nel settore delle sponsorizzazioni sportive di gare automobilistiche, dedita al riciclaggio dei proventi di frode fiscale. 82 gli indagati.
La ricostruzione dell’operatività della organizzazione
La ricostruzione dell’operatività della organizzazione

I militari del Gruppo di Monza, coordinati dalla Procura della Repubblica brianzola, hanno concluso un’articolata indagine (operazione “Hidden Accounts”), durata oltre 2 anni, nei confronti di un’organizzazione criminale, operante su scala internazionale nel settore delle sponsorizzazioni sportive di gare automobilistiche, dedita al riciclaggio dei proventi di frode fiscale.

L’attività investigativa, scaturita da una precedente indagine delle Fiamme Gialle di Monza (operazione “Autodromo”, svolta dal 2012 al 2014), si è sviluppata attraverso l’esecuzione di rogatorie internazionali con l’Inghilterra, la Germania, la Svizzera e il Principato di Monaco, acquisizioni e perquisizioni – effettuate anche all’estero – audizioni di testimoni ed intercettazioni telefoniche, che hanno consentito di individuare numerosi conti cifrati riconducibili a società localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata e gestite dai membri dell’associazione a delinquere tramite alcune fiduciarie svizzere.

I Finanzieri di Monza hanno così scoperto su tutto il territorio nazionale 85 imprese che, negli anni tra il 2007 e il 2014, si sono avvalse dei servizi illeciti forniti dal gruppo criminale, sottoscrivendo contratti di sponsorizzazione con società di diritto inglese, tutte prive di reale consistenza economica ed aventi la sola funzione di permettere ai soggetti economici italiani l’evasione delle imposte sui redditi, l’esportazione di capitali all’estero e la creazione di fondi neri.

Le indagini hanno chiarito come il meccanismo di frode – con carattere transnazionale – sia stato negli anni perpetrato attraverso la costituzione e l’utilizzo di una serie di società offshore (con sede a Panama, nelle isole Marshall e a Dubai), anch’esse, come quelle inglesi, “scatole vuote” beneficiarie dei trasferimenti di denaro dai conti inglesi al solo scopo di far perdere le tracce dei capitali immessi nel circuito fraudolento. La gestione delle società estere avveniva tramite fiduciarie svizzere riconducibili ai membri dell’organizzazione criminale.

L’ultima fase del sistema di frode consisteva nella restituzione dei fondi riciclati, dopo i vari passaggi finanziari estero su estero, a favore degli amministratori e dei soci delle imprese italiane beneficiarie dei servizi forniti dall’associazione a delinquere, che avveniva con accredito su conti cifrati accesi oltre confine agli stessi riconducibili oppure con restituzione di denaro contante o in altri casi ancora con investimenti in immobili di pregio siti all’estero.

Le somme restituite ai beneficiari del meccanismo fraudolento venivano decurtate di una quota corrispondente al costo dell’operazione illecita, trattenuta dall’associazione criminale.

Le risultanze d’indagine, corroborate anche dalla ricostruzione dei flussi finanziari tracciati grazie alle numerose rogatorie svolte, hanno portato all’emissione da parte dal G.I.P. di Monza – su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo brianzolo – di ordini di arresto in carcere nei confronti di 5 soggetti membri dell’associazione a delinquere. Le Fiamme Gialle hanno arrestato, nel dicembre 2016, 1 cittadino svizzero e 2 italiani, di cui uno residente a Londra. Gli altri 2 indagati, in un primo momento sfuggiti alla cattura poiché all’estero, sono stati fermati successivamente: 1 cittadino svizzero intercettato lo scorso agosto mentre raggiungeva una sua casa di villeggiatura in provincia di Sondrio, mentre l’ultimo, un cittadino italiano residente a Dubai, è stato arrestato ad ottobre scorso negli Emirati Arabi in esecuzione di un mandato di cattura internazionale.

Nel corso delle indagini la Guardia di Finanza ha denunciato alla Procura della Repubblica di Monza 82 persone per associazione a delinquere, frode fiscale e riciclaggio per un importo complessivo di 75 milioni di euro.

In relazione ai reati contestati, il G.I.P. di Monza ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni riconducibili ai membri dell’associazione criminale per un valore di circa 10 milioni di euro, eseguito dai Finanzieri su disponibilità finanziarie, immobili di pregio ed autovetture di lusso.

Come spiegato dalle Fiamme gialle monzesi, tutto ha avuto origine dalle indagini, nel 2012, riguardanti l’autodromo di Monza, con la scoperta di un giro di fatture false emesse da tre società inglesi, con sede a Londra e Manchester, per 1 milione di euro a favore di Sias, la società che ha in gestione l’impianto motoristico. Sospettando che si trattasse solo della punta dell’iceberg, in oltre due anni, anche con numerose rogatorie internazionali, i finanzieri di via Manzoni al comando del colonnello Massimo Gallo hanno ricostruito i rapporti commerciali – la contabilità- e i flussi finanziari della associazione a delinquere.

Dalla Svizzera c’è stata ampia e massima collaborazione visto che proprio nel Paese elvetico c’erano le fiduciarie che muovevano i fili della maxifrode gestita dai 5 arrestati, tra i quali un lissonese titolare di una società con sede a Monza, che fungeva anche da procacciatore. Solo lui avrebbe contabilizzato circa 800mila euro in fatture false, Dalle indagini è emerso anche il coinvolgimento di una seconda società monzese, che si è avvalsa del meccanismo, come le altre decine (84 in tutto) disseminate soprattutto nel Nord Italia.

Dalla Svizzera partivano gli “ordini” per le società inglesi che emettevano fatture totalmente false o solo parzialmente, per il 60-70%, garantendosi così un paravento di legalità, relativamente a sponsorizzazioni di piloti e società legale a team motoristici (esclusa la Formula 1). Il denaro poi faceva letteralmente il giro del mondo, passando da Panama, alle Isole Marshall fino agli Emirati Arabi per poi tornare, eliminati i proventi del raggiro, compenso della associazione a delinquere, alle società italiane coinvolte. Come? In contanti, attraverso i tradizionali “spalloni”, oppure con conti cifrati o immobili di lusso acquistati all’estero.

Ma c’è stata anche una buona notizia che ha confortato le forze dell’ordine: nel corso degli oltre due anni di indagini, infatti, in termini di voluntary disclosure e ravvedimento operoso, le società coinvolte sono corse ai ripari e hanno auto denunciato maggiore imponibile per 25 milioni di euro e versato 6 milioni di imposte e interessi di mora.

(articolo aggiornato alle 12.15 del 20 dicembre)