Figli digitali, l’esperto Pellai: «Genitori, dovete fissare dei limiti»

Il medico e psicoterapeuta Alberto Pellai protagonista dell’incontro organizzato dal Comune di Limbiate con il Cittadino sul rapporto tra genitori e figli digitali. «Genitori, dovete fissare dei limiti», suggerisce.
Incontro con Alberto Pellai Comune di Limbiate
Incontro con Alberto Pellai Comune di Limbiate

Stabilire con chiarezza dei confini al di fuori di quali non si può andare. È questo in estrema sintesi il consiglio che Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva nonché ricercatore presso il dipartimento di Scienze Bio-Mediche dell’Università degli Studi di Milano, ha dato nel corso dell’incontro “Tutto troppo presto: sfide educative per genitori di figli digitali”, organizzato dal Comune di Limbiate con il Cittadino nel tardo pomeriggio di giovedì nel ciclo di appuntamenti dedicati a giovani e educazione.


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«Le tecnologie – ha detto il protagonista dell’appuntamento moderato dal direttore del Cittadino, Cristiano Puglisi – sono distorcenti per i bisogni di crescita di un bambino di otto o nove anni visto che può usare uno smartphone come un 30enne. I ragazzini possono imbattersi anche in materiale pornografico per cui se un genitore lo scopre deve intervenire, non far finta di nulla. Quello è il momento in cui bisogna parlare con il proprio figlio per stabilire dei limiti che non vanno oltrepassati».

Proprio per questo motivo, secondo Alberto Pellai, il ruolo del genitore è diventato più difficile negli ultimi anni visto che devono essere presenti sia nella vita reale che in quella virtuale. «Non serve spiare lo smartphone dei figli – aggiunge il medico psicoterapeuta – ma bisogna guardare insieme a loro la cronologia dei siti visitati. Questo è un confine da presidiare. Il mio consiglio è avvisarli il giorno prima del controllo. Loro inizialmente si rifiuteranno e poi si chiuderanno in camera a cancellare siti e foto». Il problema arriva anche dai gruppi WhatsApp, dove circolano immagini di certo non adatte per ragazzini di 11 o 12 anni. «In quel caso – spiega Alberto Pellai – bisogna coinvolgere anche gli altri genitori per cambiare tutti insieme la cultura di quella chat».