Elezioni, l’analisi del voto a Monza: la sinistra ha disertato, Maffè verso Allevi

A Monza il primo turno elettorale è finito con un testa a testa: Scanagatti in vantaggio di soli 35 voti su Allevi. È partita la caccia al voto tra accordi, apparentamenti, sostegno e appello agli elettorati. Ecco com’è andata (e dove va Maffè).
Monza Elezioni amministrative 2017 Conferenza stampa Roberto Scanagatti
Monza Elezioni amministrative 2017 Conferenza stampa Roberto Scanagatti Fabrizio Radaelli

A Monza il primo dado, salvo smentite, è tratto: Pier Franco Maffè sceglie Dario Allevi e sposta per primo il peso del voto al ballottaggio. Ma c’è un dato profondo che emerge dalle elezioni di domenica 11 giugno: gli elettori di sinistra non hanno votato. Da qualunque parte si guardino i risultati è difficile trovare un’altra chiave di lettura alla rimonta del centrodestra, inattesa per le sue dimensioni.


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I simpatizzanti delle formazioni a sinistra del Pd e i delusi da Renzi sono rimasti a casa quasi in massa: le truppe cammellate non si sono mosse e hanno fatto balzare l’astensione vicino al 48,12%, a un tetto superiore di quasi 10 punti alla media nazionale.

Ma è Possibile? – Tra chi non si è espresso ci sono gli aderenti a Possibile di Pippo Civati, alcuni esponenti del mondo ambientalista e, a titolo personale, qualche iscritto all’Anpi. La loro non è stata una protesta organizzata, molti non sono entrati in cabina dopo una meditazione individuale eppure nelle scorse settimane qualche segnale lo hanno lanciato: hanno fatto sapere che sarebbero scesi in campo solo per il ballottaggio. Difficile dire quanto abbia inciso la loro strategia, probabilmente qualche punto percentuale, ma sono comunque preferenze alle quali ora il sindaco uscente non può rinunciare.

Voti preziosi, in altre parole, che potrebbero tornare in gioco il 25 giugno, il giorno del ballottaggio: i civatiani si mobiliteranno a favore di Roberto Scanagatti e potrebbero fare altrettanto i democratici critici nei confronti del segretario nazionale.

Le recenti scissioni romane non hanno aiutato: nonostante il supporto di Articolo Uno e di Sinistra Italiana, LabMonza che si proponeva di unificare la sinistra locale si è fermata al 2,99% e Sinistra Alternativa di Michele Quitadamo non è andata oltre l’1,33%. Poco anche per una città tendenzialmente di centrodestra come Monza.

Le preferenze – La conferma che l’ala più radicale del Pd ha saltato il giro arriva dalle preferenze: Antonio Marrazzo è sì in testa con 586 voti, ma nel 2012 ne ha conquistati oltre mille, il doppio di quanto incassato a questo giro elettorale.
Dietro a lui si piazzano esponenti del mondo cattolico-popolare: Cherubina Bertola con 483, Paolo Pilotto con 372, Egidio Riva con 368 ed Egidio Longoni con 344. Solo al sesto posto si ritrova Pietro Zonca, un altro militante storico del vecchio Pci.

A quell’elettorato guarderà con attenzione Scanagatti che, contemporaneamente, punterà ad attrarre chi ha optato per il Movimento 5 Stelle, per Civicamente di Paolo Piffer e per il centro di Pier Franco Maffè: sul piatto, complessivamente, c’è il 18,99% dei consensi o, meglio, ci sono 9.226 voti. Tantissimi in una sfida in cui i contendenti sono divisi solo da 35 schede.
A loro, Sinistra Italiana esclusa, mirerà pure Dario Allevi che ha stravolto tutti i pronostici anche grazie all’ottimo risultato della Lega nord che con il 14,21% ha inanellato la migliore prestazione degli ultimi quindici anni. Il Carroccio salviniano ha catalizzato parecchi voti di protesta e ha fatto breccia tra chi un tempo era dall’altra parte della barricata.

A dieci giorni dalla sfida finale è difficile prevedere come, e se, verranno distribuiti i 3.711 consensi ottenuti da Danilo Sindoni, i 2.352 di Piffer e i 2.540 di Maffè. Il Movimento 5 Stelle, che pesca in modo trasversale tra gli scontenti, non darà alcuna indicazione. Potrebbero darla, invece, gli altri due candidati esclusi dalla competizione: rimane, però, un’incognita quanti seguiranno le loro direttive e quanti valuteranno in modo autonomo chi sostenere.

Dall’altra parte – Sembra, invece, naturale un avvicinamento tra Allevi e il Popolo della famiglia di Manuela Ponti che ha dato spazio a militanti dell’estrema destra di Forza Nuova. In ballo ci sono 601 voti, 22 in meno di quelli conquistati da Quitadamo.

Che domenica 25 l’astensionismo crescerà ancora pare assodato e, a differenza di quanto avvenuto in passato, gli elettori del centrodestra potrebbero accorrere alle urne, galvanizzati dall’esito del primo turno.

Nel centrosinistra, intanto, c’è chi auspica un effetto Le Pen: in tanti, ipotizza qualcuno, sosterranno Scanagatti per tentare di sbarrare la strada ad Allevi come è successo in Francia in più di un’occasione.

Maffè – Intanto appunto pare dietro l’angolo l’apparentamento tra Allevi e Pier Franco Maffè: il candidato centrista non lo dice apertamente, ma lascia intuire quale strada imboccherà. «Ho incontrato sia Allevi sia Scanagatti – premette – ora ci prendiamo altre 24 ore per capire cosa è più opportuno fare».

La terza via, ovvero quella di non fornire indicazioni agli elettori, sarebbe la più «comoda» ma non piace ai militanti in quanto relegherebbe Monza con Maffè su un piano politico «debole». Il sindaco uscente ha scartato qualsiasi ipotesi di apparentamento con altre formazioni: resta, quindi, aperta l’opzione Allevi. Se il centrodestra dovesse vincere proprio grazie ai 2.540 voti dei centristi il peso specifico dell’ex assessore della giunta Mariani superebbe di molto il 5,23% ottenuto al primo turno che, in fondo, da molti non è considerato del tutto soddisfacente.

In questo scenario, oltre a portare in aula due consiglieri invece di uno, i moderati potrebbero cercare di smussare le posizioni più oltranziste della Lega su questioni cruciali come l’immigrazione e la sicurezza.

«Se decideremo di apparentarci – assicura Maffè – lo faremo sui contenuti, sulle cose concrete che intendiamo realizzare per una città come Monza: si possono affrontare i problemi con modi e toni differenti». Diversi, lascia intendere, da quelli usati dal Carroccio sull’accoglienza dei profughi.

La sua scelta avrà, in ogni caso, risvolti a livello sovracomunale: un eventuale accordo con il centrosinistra comporterebbe l’espulsione immediata degli assessori centristi dalla giunta regionale. «Sia chiaro – avverte – deciderò io sulla base delle esigenze locali, senza intermediari: è evidente, però, che pesano la provenienza di molti di noi e il fatto che Renzi abbia scaricato in malo modo Alfano. Io, oltretutto, non ho mai dichiarato che Allevi era impresentabile come, invece, ha fatto qualcuno che lo ha votato».