«Ebola, la Brianza non abbia paura: contagio remoto, strutture pronte»

«La Brianza non deve avere paura del virus ebola. La possibilità di contagio è molto remota e le strutture sono pronte ad ogni evenienza». Il messaggio rassicurante arriva dall’ospedale San Gerardo, dal direttore sanitario Eugenio Vignati e dal responsabile del reparto di malattie infettive, professore Andrea Gori.
Monza - Andrea Gori, infettivologo
Monza – Andrea Gori, infettivologo

«La Brianza non deve avere paura del virus ebola. La possibilità di contagio è molto remota e le strutture sono pronte ad ogni evenienza». Il messaggio rassicurante arriva dall’ospedale San Gerardo, dal direttore sanitario Eugenio Vignati e dal responsabile del reparto di malattie infettive, professore Andrea Gori.

Le motivazioni che i due medici hanno addotto per sconfiggere panico e allarmismo sono di due tipi. Il primo riguarda il metodo di diffusione della malattia, che ha una mortalità vicina al 90%.

«Nasce in Africa, negli stati di Nigeria, Liberia, Congo e Guinea, in zone rurali, dove esiste un rapporto stretto tra uomo e animale -dice Andrea Gori -. I portatori del virus, che si diffonde per liquidi, sangue e saliva ad esempio, sono gli animali, pipistrelli e scimmie. Non ci sono voli diretti per quegli stati e i controlli negli aeroporti sono molto stretti».

La gente però si sposta anche con altri mezzi. E il pensiero va agli sbarchi di clandestini , rifugiati e disperati sulle coste siciliane. «Anche in questo caso, – dice Gori – bisogna sfatare una paura. Partiamo dal fenomeno dl contagio: esso si diffonde quando il male è conclamato, mentre l’incubazione dura in genere due giorni. Le traversate durano ben oltre due giorni». In sostanza , chi è malato perirebbe prima di arrivare o chi è malato lo si noterebbe subito.

Mettiamo però che si scopra un caso in Brianza, che cosa succede? Risponde il direttore sanitario, Vignati.

«Il punto di riferimento per la Brianza, altri ospedali compresi, è la struttura di Monza diretta dal professor Gori. Dispone di 32 letti, conta 13 medici e 20 infermieri: in un anno segue 1800 malati di hiv, oltre mille malati di epatite e pure malati di tbc (se ne registrano 80 casi nuovi ogni anno). Una struttura che ha tutte le carte per gestire le infezioni, anche gravi».

E, nel concreto, la Regione dispone di ambulanze che assicurano l’isolamento del paziente, come se fossero camere sterili. Il paziente può essere portato all’ospedale Sacco di Milano, che ha due stanze per il trattamento di soggetti ad elevato rischio biologico.