“Diverso da chi?”: l’high tech aiuta quasi sempre

LEGGI Tutte le puntate - Diverso da chi?”, la rubrica di Nicolò Cafagna. Con franchezza e (molta) ironia racconta la sua vita con disabilità. Quanto aiuta la tecnologia?
“Diverso da chi?”: l’high tech aiuta quasi sempre

Se “non c’è sesso senza amore”, così come canta un grande tifoso della Lupa, non c’è disabile che si rispetti senza adeguata tecnologia al seguito, in particolare l’esemplare di francesino – l’affezionato alla distrofia muscolare di Duchenne.

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Troppo spesso voi bipedi attivi sostenete impropriamente: «Ah, io senza tecnologia non potrei vivere», quando solo noi disabili di livello lo possiamo dire con cognizione di causa: senza di essa non potremmo proprio vivere. Per cui lasciamo a Cesare quel che è di Cesare. La tecnologia, infatti, ha permesso di elevare la nostra speranza di vita, che faceva di noi fanalino di coda mondiale, mentre oggi consente ai francesini di esibirsi in gesti poco urbani nei confronti di diversi paesi africani.

Detto questo, passo subito a mostrare l’altra faccia della tecnologia: le sue pecche e le nefaste conseguenze che ne derivano. L’esempio migliore, sul quale la mia invettiva poggerà, è offerto dallo smartphone che ho recentemente acquistato, basandomi sui consigli di un amico, professatosi grande esperto in materia: «Compra questo, è quello giusto per te: puoi far partire una chiamata solo utilizzando la voce».

Esaltato lo acquisto: effettivamente è così, ma… ecco la prova sul campo: necessito di chiamare casa, pronuncio quindi la parola chiave per sbloccare il cellulare, che prontamente mi chiede cosa voglio da lui. Allora gli dico: «Chiama casa», e mi risponde: «Sto chiamando Nelson Bova», ripeto più volte «annulla» ma la chiamata parte. E Bova – non l’attore, ma il più famoso giornalista del Tgr Emilia Romagna – mi risponde chiedendomi come sto e cosa avessi bisogno.

Essendo sincero, eccetto le volte in cui mento, gli risposi: «Ehm, in realtà mi è partita la chiamata». Ma non mi arrendo. Passano pochi minuti e riprovo: solita procedura e il cellulare cortesemente mi risponde: «Sto chiamando Luca Osa». «Annulla», «annulla» e la storia si ripete. Addirittura degenera, perché parte la segreteria e lascio il messaggio più originale: «Ciao Luca, volevo solo dirti che non ti volevo chiamare». Ma non finisce qui, poiché la voce preregistrata della segreteria mi dice: «Premere uno per inviare il messaggio, premere due per registrare un nuovo messaggio». Non potendo oppormi e con mia incommensurabile gioia, la simpatica voce ripete più volte il messaggio di cui sopra, dopodiché decide unilateralmente di inviarlo. Questo mentre da casa avevano già allertato l’Acchiappa disabili, l’organo preposto al recupero di disabili smarriti.

La tecnologia, però, non si ferma qui e il Politecnico di Milano sta progettando una carrozzina che si guida con il pensiero: chissà perché, ma non mi fido. Poiché presenta già una falla: prendiamo in considerazione il disabile maschio, che è maschio come tutti i bipedi attivi, quando scorge una graziosa fanciulla: solitamente la segue con gli occhi, mentre il pensiero si annebbia e l’attività cerebrale perde la bussola. Come anche la carrozzina, che si metterà a seguire – in maniera a dir poco molesta – la bellezza in questione in ogni dove, oppure a fermarsi nel bel mezzo della strada in preda a bollenti pensieri…

(*pubblicata su il Cittadino di Monza e Brianza il 22 ottobre 2015)