“Diverso da chi?”: che razza di disabile sei?

LEGGI Tutte le puntate - Diverso da chi?”, la rubrica di Nicolò Cafagna. Con franchezza e (molta) ironia racconta la sua vita con disabilità. La pecora, il cane e le logiche del gregge.
“Diverso da chi?”: che razza di disabile sei?

“Ci son due coccodrilli e un orango tango, due piccoli serpenti e un’aquila reale, il gatto, il topo e l’elefante: non manca più nessuno; solo non si vedono i due liocorni”. E i disabili?

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Lo so, qualcuno di voi si starà chiedendo cosa c’entrano con gli animali. Di sicuro lo troverete un paragone azzardato, ma a suggerirmelo è stata la mia esperienza maturata come sofferente francesino (l’intestatario della distrofia di Duchenne). Inoltre, quest’idea è suffragata dai miei studi basati sull’osservazione empirica alla Darwin, che mi hanno permesso di coniare il termine scientifico “esemplare di disabile” e di avvicinare l’esemplare che rappresento a diversi animali: la pecora, il cane, il bradipo e il koala.

Il mio primo articolo di carattere scientifico comincerà proprio dai più grandi esportatori di lana al mondo, e risponderà a questa domanda: che cos’hanno in comune con i distrofici? Semplice: entrambi si muovono seguendo le logiche del gregge. Sarà sicuramente capitato a voi normodotati incontrare nei posti di villeggiatura un “gregge” di esemplari di disabile: mentre eravate a bocca aperta intenti a osservarli attraverso le lenti di un binocolo, il sottoscritto si è infiltrato per studiarli dall’interno.

Agli inizi del secolo, infatti, mi sono prodigato nell’osservazione dei miei “colleghi”: l’esperimento consisteva nell’attirare, con l’inganno, l’attenzione del resto del gregge, mentre era disposto “ad cazzum” (modalità nella quale si scorgono esemplari in ogni dove). Obiettivo: osservare se i francesini instaurano comportamenti simili alle pecore (oltre alla già dimostrata indole comune).
È bastato richiamarli con una semplice frase, che riveste il ruolo del cane nel gregge: «Ragazzi accorrete ad ammirare quella graziosa fanciulla traboccante di beltà». Ecco l’esca e tutti – be be, anzi zzz, il rumore delle “sedie elettriche” – si compattarono, puntando in direzione dell’obiettivo e seminando tra gli astanti bipedi il terrore: «Ci vogliono caricare», quindi si allontanavano precipitosamente. Per non parlare dell’indifesa donzella, che fuggendo in preda al panico gridava: «No, i disabili no».

Dalla vittima sacrificale, passiamo al malcapitato bipede attivo. Prima, però, è necessario trattare del migliore amico dell’uomo, al quale il distrofico è affine nel momento in cui esce di casa con il padrone – ops, con il bipede attivo – a bordo della sua “sedia elettrica”. I miei studi etologici hanno dimostrano che il sofferente in compagnia del bipede tende a “camminare” al suo fianco, mantenendo la medesima velocità. Diversamente, quando si sente capo branco tenderà ad allungare la ruotata; al contrario, quando a sentirsi capo branco è il bipede, allora sarà quest’ultimo ad allungare il passo.

Le tre diverse possibilità, tuttavia, consentono al francesino di lanciarsi in divertenti gag. Partiamo da quella in cui è capo branco. In questo caso basterebbe chiedere al malcapitato bipede di prendere qualcosa dallo zaino, posto dietro la carrozzina: nel momento in cui il bipede lo sta per aprire, il disabile parte con il suo mezzo per poi fermarsi, al che il malcapitato si avvicinerà e il disabile ripartirà, e così via… controindicazione: il bipede si vendicherà dell’azione subita.

Più divertente quando il transalpino procede al fianco del bipede: in questo frangente è necessario un marciapiede poco accessibile (“fortunatamente” non è così difficile) e un furgone parcheggiato a lato del marciapiede. Per riuscire nell’impresa, il francesino deve prima convincere il bipede a rimanere sul marciapiede, mentre lui da coraggioso eroe viaggerà sulla strada. Ovviamente manterrà la velocità del malcapitato finché non si troverà all’altezza del suddetto furgone, allora si fermerà: nel frattempo il bipede procederà aspettandosi di veder ricomparire il disabile, ma del sofferente nessuna traccia. Allora un velo di terrore si farà spazio sul suo viso: «Non mi sarà mica precipitato il disabile nel tombino?».

La più spassosa, infine, si verifica quando è il normodotato a sentirsi “capo” branco: in questa situazione è consigliato che il malcapitato sia in bicicletta, mentre conversa con l’esemplare in questione. Quest’ultimo con una scusa deve farsi precedere e alla prima occasione favorevole nascondersi dietro al furgone. Il normodotato procederà parlando inconsapevolmente da solo, finché non si accorgerà che il disabile alle proprie spalle è svanito.

Terrorizzato, realizzerà: «Come ho fatto a smarrire un disabile? Sono proprio un animale».

(*pubblicato su il Cittadino di Monza e Brianza il 12 novembre 2015)