Desio: «Moglie e compagna erano d’accordo a uccidere Paolo Vivacqua»

Al processo per l’omicidio di Paolo Vivacqua versione choc di un testimone della difesa: un detenuto sentito con la protezione di un paravento sostiene che moglie e compagna della vittima erano d’accordo per ucciderlo. Magistrati scettici.
Desio, l'ufficio dove è stato ucciso Paolo Vivacqua
Desio, l’ufficio dove è stato ucciso Paolo Vivacqua

La moglie e la compagna di Paolo Vivacqua si sono unite per ucciderlo; in realtà volevano sequestrarlo, ma non sono riuscite, ad ammazzarlo c’erano i due fratelli della compagna, la “rumena”. Scetticismo, da parte dei magistrati della Corte d’Assise, circa le dichiarazioni rese da un testimone sentito al processo per l’omicidio dell’imprenditore Paolo Vivacqua, ammazzato in via Bramante a Desio nel 2011, nel suo ufficio. Si tratta di un confidente la cui audizione è stata chiesta dagli avvocati della difesa.

L’uomo, Giuseppe N., 43 anni, originario dell’hinterland napoletano, è detenuto per estorsione in carcere, dove sta scontando un’ultima condanna a 5 anni e 3 mesi. Ha voluto farsi sentire protetto dal paravento. Nonostante inizialmente abbia dichiarato di “non avere paura”, ha poi ammesso di temere per sé e la sua famiglia, perché “minacciato da un compaesano in carcere”, che durante l’ora d’aria gli avrebbe dato “dell’infame” per aver fatto rivelazioni agli inquirenti proprio sull’omicidio Vivacqua. Secondo quanto riferito in aula, ci sarebbe stato un accordo tra la moglie della vittima (Germania Biondo, uno degli imputati, oggi ai domiciliari, dopo essere stata in carcere, per problemi di salute) e la nuova compagna della vittima, la rumena Lavinia Mihalache, dalla quale Vivacqua ha avuto un figlio. Il motivo sarebbero stati i soldi, l’ingente patrimonio dell’imprenditore di origini siciliane, che avrebbe investito milioni di euro in Romania. La versione del teste, tuttavia, non è parsa molto convincente. Rinviata dunque la requisitoria del pubblico ministero Donata Costa, che il 13 luglio dovrebbe formulare le proprie conclusioni nei confronti dei 5 imputati, oltre alla Biondo, anche il presunto amante di questa Diego Barba, il siciliano Salvino La Rocca, i due presunti esecutori materiali Antonino Radaelli e Antonino Giarrana.

Respinta la richiesta di arresti domiciliari da parte di Diego Barba. Stessa sorte era toccata a La Rocca, che aveva chiesto l’alleggerimento della misura restrittiva in virtù di una presunta “cessata attualità delle esigenze cautelari”. La Rocca, nel provvedimento di diniego della Corte, era stato definito soggetto “incline alla commissione di reati”, e “totalmente indifferente al rispetto del valore della vita”. Il tribunale, “rimanendo al livello indiziario e alla formulazione dell’ipotesi d’accusa”, sottolineava che “l’azione omicidiaria è stata pianificata ed organizzata, con la scelta non casuale del giorno e dell’ora in cui commettere il reato (di lunedì, quando gli esercizi commerciali contigui all’ufficio del Vivacqua erano chiusi)”.