Corso Milano a Monza, la via dello shopping diventata un inferno: parola dei commercianti

Un problema di sicurezza con serie ricadute sul commercio: parlano i negozianti della strada che un tempo era considerata il prolungamento di via Italia nel circuito dello shopping. Ma in corso Milano è cambiato molto.
Monza Corso Milano
Monza Corso Milano Fabrizio Radaelli

Scena numero uno. «Qual è l’indirizzo del suo negozio?». Corso Milano. «Ah, l’Africa di Monza. C’è un silos dove posso parcheggiare l’auto senza rischiare di correre pericoli?». Scena numero due. «Amico, ti serve qualcosa? Fumo, eroina?».

Come a Ibiza, fuori dalle discoteche, commenta un diciottenne: peccato, però, che l’episodio si svolga davanti alle vetrine di un negozio di abbigliamento – sempre di corso Milano. Scena numero tre. Sabato, tarda mattinata, sottopasso pedonale che conduce ai giardini di fronte alla stazione: un uomo si abbassa i pantaloni e resta con i pantaloni calati fino a quando non si accorge che dall’alto, dal marciapiede di corso Milano, qualcuno sta notando il suo comportamento.

Fino a qualche tempo fa rientrava a pieno titolo nelle “vasche” del centro storico: via Vittorio Emanuele, via Carlo Alberto e via Italia, con la “coda” di corso Milano almeno fino alla stazione. Una volta. Adesso non è più così. Ed è un problema che coinvolge anche le vie limitrofe, Cavour e Gramsci.

«Qui era un sogno» – «Se potessi – chiarisce il titolare di una delle attività – scapperei via da qui a duecento chilometri all’ora. Non resisterei nemmeno se me lo regalassero, un negozio, in corso Milano». Se la stazione è e resta un luogo caldo, a farne le spese non può che essere anche la strada che, dal centro storico, conduce proprio allo scalo ferroviario. E le conseguenze, per le attività commerciali della zona, non mancano.

«Sicuramente – ha spiegato una donna, in corso Milano da 25 anni con il suo negozio di abbigliamento – la passeggiata si ferma prima e noi ne paghiamo le conseguenze. Vent’anni fa lavorare qui era un sogno. Adesso, anche a lasciare la commessa da sola per un’ora, in pausa pranzo, sono in pensiero. In un secondo può succedere di tutto».

«Gli sbandati entrano nei negozi – hanno aggiunto ancora – e si fanno insistenti non solo con noi, alla cassa, ma anche con i clienti: chiedono spiccioli, monete. Si tratta di comportamenti difficili da tenere a bada, che disincentivano anche chi vorrebbe venire qui a fare shopping».

I commercianti commentano una situazione che ormai sembra completamente essere sfuggita di mano, ma preferiscono restare anonimi: denunciano le condizioni di insicurezza che portano a una diminuzione del giro d’affari ma preferiscono non comparire con nome e cognome. Riferiscono episodi di quotidiana follia salvo poi preoccuparsi che il racconto di quello che effettivamente succede possa avere ulteriori ripercussioni sui loro introiti. Solo un paio, tra tutti, quelli in controtendenza, per cui «la situazione non è così male».

Per tutti gli altri, invece: «È innegabile: le persone si fermano prima – racconta una donna – già all’altezza della fontana della Rinascente, spesso accerchiata da nomadi, sbandati e senza fissa dimora. Tante donne rom poi hanno preso l’abitudine di sedersi sui gradini delle nostre vetrine e non invogliano i clienti a entrare e curiosare».
Tra gli sbandati, c’è chi urina contro i muri e chi assume droghe pesanti incurante degli occhi sgranati (e preoccupati) di commesse e altro personale: capita in pieno giorno e non fa che aumentare il malessere.

«Chi ha intenzione di acquistare una merce specifica o negli anni ha instaurato un rapporto di fiducia con questo o quel commerciante, in corso Milano viene ancora. Ma, diciamo la verità: solo per il tempo strettamente necessario».

C’è chi infine punta il dito sulla presenza di tante, «troppe» attività commerciali gestite da stranieri – «perché hanno assegnato tutte quelle licenze? Con loro è difficile instaurare rapporti di solidarietà», e chi suggerisce di ideare particolari iniziative commerciali, come, ad esempio «un mercato, magari di prodotti alimentari, da fare nelle vicinanze dello scalo ferroviario: se si organizzano attività che possono svolgere la funzione di presidio e, contemporaneamente, incuriosire i passanti, tutti noi ne guadagneremmo».

Idee e contromisure – Dal “Cereda Calzature”, lo storico negozio di scarpe di corso Milano, l’ex titolare Oreste Carpani lo ammette subito: «Sicuramente il passaggio è diminuito. La clientela, soprattutto quella affezionata, non smette di venirci a trovare. Però, per corso Milano, bisognerebbe fare qualcosa: non dobbiamo dimenticare che è anche il biglietto da visita per i turisti che arrivano in città con il treno».

Secondo Carpani, nei giorni scorsi in negozio con i figli Andrea, ora titolare, e Francesca , corso Milano ha anche la conformazione adatta alla passeggiata e allo shopping, per via dell’ampio marciapiede in grado di accogliere un buon numero di persone. «Peccato, però, che ci si debba scontrare con chi, su quel marciapiede, pedala o bivacca e sporca: si tratta di comportamenti decisamente poco consoni, che infastidiscono lo percorre».

Tra i suggerimenti per migliorare la vivibilità di corso Milano anche una riflessione sugli alberi, considerati poco adatti perché, con i folti rami, oscurano le insegne luminose delle vetrine e i lampioni. Cereda è presente con un outlet anche in via Cavour, piccola traversa di corso Milano dove il numero di attività commerciali straniere ha superato di gran lunga quelle italiane.

«Per rassicurare la nostra clientela e metterla meglio a suo agio – ha spiegato ancora – qualche mese fa abbiamo deciso di ingaggiare un addetto alla sicurezza: trascorre le sue giornate tra il punto vendita principale e l’outlet: furti, in passato, ce ne sono stati», commenta, mentre dà un’occhiata alle immagini che il circuito di videosorveglianza proietta sul suo monitor. Aggiunge: «Sicuramente con i presidi delle forze dell’ordine, ora costantemente presenti, sembra che la situazione stia migliorando: non possiamo che augurarci passaggi ancora più frequenti».

«Un tempo – ha commentato un altro degli storici negozianti di corso Milano – c’erano i vigili di quartiere: li vedevamo passare, svolgevano il ruolo di deterrente. Di sicuro aiuterebbe vedere uomini in divisa passeggiare avanti e indietro lungo corso Milano».
Intanto, però, in attesa di misure più stringenti sulla sicurezza, i negozianti si organizzano come meglio credono: ecco allora che anche la Farmacia del Sole ha “assoldato” un addetto alla sicurezza, presente in negozio ogni giorno dalle 20 a mezzanotte, e Farmaflor, la parafarmacia, ha affisso un cartello in vetrina in cui la direzione avvisa la presenza di “un’aumentata sorveglianza”, risoluzione presa in seguito all’incremento del numero di rapine: «Di recente non ce ne sono state – hanno fatto sapere – ma abbiamo deciso di lasciare comunque il cartello come deterrente».

Il Comune – «Estendere il presidio fisso della polizia locale presente davanti alla stazione ferroviaria anche lungo corso Milano? Magari.. Mi piacerebbe ma con le poche risorse umane a disposizione la vedo molto difficile».
È rammaricato l’assessore Federico Arena dal fatto di non poter dare una risposta positiva alla richiesta di più sicurezza dei commercianti e residenti di corso Milano. «Già nella situazione attuale mantenere in essere il presidio, soprattutto nella fascia serale 20-22 è molto dura. Tuttavia nell’ultimo periodo, probabilmente su indicazione del vicepremier Salvini, è stato incrementato il numero di agenti della polizia di stato nella zona attorno alla stazione. Magari potremmo chiedere attraverso la Prefettura che i loro pattugliamenti possano essere estesi anche oltre via Arosio. Vedremo».

Ma “in canna” Arena ha anche l’opzione esercito, un appello costante dello stesso sindaco Allevi. Ora con il vicepremier e ministro dell’Interno leghista Matteo Salvini, l’opzione, per la giunta comunale di centrodestra, potrebbe diventare realtà: «Sto mantenendo contatti istituzionali continui e molto proficui con il ministro su questo fronte. Come si dice, “ci stiamo lavorando”, e non solo a parole».