Coronavirus: Lissone, per tornare da Santo Domingo ha dovuto pagare mille euro. Ora è a casa in quarantena e nessuno gli aggiusta la caldaia

L’odissea di Giuseppe Ranieri: è riuscito a prendere un aereo,organizzato da un tour operator, per tornare a casa da Santo Domingo dove era bloccato insieme ad altri 200 italiani. Ma ha dovuto pagare mille euro. Ora è in quarantena, ha la caldaia che non funziona, e non riesce a farla aggiustare
Giuseppe Ranieri
Giuseppe Ranieri

È tornato a casa, a Lissone, Giuseppe Ranieri, uno degli oltre duecento italiani che non erano ancora riusciti a lasciare Santo Domingo dopo lo scoppio dell’emergenza sanitaria. «Ho dovuto pagare 1000 euro per poter salire sul volo che mi ha riportato in Italia – racconta -. E pensare che quando ho prenotato il biglietto di andata e ritorno, a inizio gennaio, ho pagato in tutto 611 euro. Io ho potuto permettermi di pagare una simile cifra per poter rientrare, ma altri anziani sono rimasti ancora là, e sono i più deboli, quelli che stanno spendendo tutti i loro soldi in medicinali per i quali non hanno diritto ad alcuna esenzione. Sono davvero preoccupato per loro, mi è spiaciuto molto lasciarli lì, ma non vedevo l’ora di rientrare a casa».

A organizzare il viaggio di rientro dei 130 connazionali, quasi tutti over 65 provenienti dai comuni del Nord Italia, non è stata l’ambasciata ma un tour operator locale che da tempo lavora proprio con i turisti italiani. «Ho saputo che si stava organizzando questo volo di ritorno e così mi sono mosso per poter prenotare dei posti per me e per altri anziani. In tutta questa vicenda l’ambasciata italiana non è mai stata presente, non ha fatto nulla per aiutarci a rientrare in Italia. Chi è rimasto sull’isola si sta organizzando per racimolare i soldi necessari per acquistare il biglietto, anche chiedendo prestiti a parenti e amici in Italia», accusa Ranieri.

Adesso che è tornato a casa il settantenne lissonese dovrà restare in casa per due settimane, per la quarantena preventiva. Ma per lui i guai non sono finiti. Una volta rientrato a casa ha scoperto che la caldaia del suo appartamento non funzionava più. «Ho contattato il solito tecnico che provvede ogni anno alla manutenzione dell’impianto. Gli ho spiegato che ero appena tornato da un viaggio all’estero e che mi trovavo in quarantena preventiva. Io non ho alcun sintomo e sopratutto la caldaia non è nemmeno in casa ma fuori. Nonostante questo il tecnico si è rifiutato di venire ad aggiustarmela, dicendo che quelli erano i protocolli, e che sarebbe tornato alla fine della mia quarantena, dopo quindici giorni». A Ranieri quindi non resterà che aspettare due settimane e arrangiarsi come può, magari scaldando l’acqua nelle pentole, per potersi lavare. «Questa situazione è assurda, capisco che vengano adottate le giuste precauzioni, ma in questo modo vengo solo penalizzato. Non solo non sono malato, ma sopratutto chi viene a mettere mano alla mia caldaia non deve nemmeno entrare in casa mia, perché si trova fuori. E allora perché lasciarmi per due settimane senza acqua calda. Spero che qualcuno possa aiutarmi».