Coronavirus, l’intervista: l’evoluzione rapida dei contagi, la situazione della malattia

Direttore delle malattie infettive del San Gerardo dall’1 marzo 2020 Paolo Bonfanti è in prima linea nella lotta al Covid. L’intervista rilasciata al Cittadino di giovedì 29 ottobre 2020.
Paolo Bonfanti primario
Paolo Bonfanti primario Fabrizio Radaelli

Direttore delle malattie infettive del San Gerardo dall’1 marzo 2020 Paolo Bonfanti è in prima linea nella lotta al Covid. L’intervista rilasciata al Cittadino di giovedì 29 ottobre 2020.

Professore, Monza e la Brianza hanno registrato il più alto numero di positivi di sempre: 1.360. Come si spiega questa seconda ondata che ha travolto Milano e la Brianza?

Questa seconda ondata ha colpito moltissimo Milano ed inevitabilmente Monza. È un territorio senza cesure e motivi di studio e lavoro portano moltissime persone ogni giorno dalla Brianza a Milano.

Come si spiega invece che i territori più colpiti a marzo come Bergamo o Lodi oggi abbiano numeri più contenuti?
Qui possiamo fare solo speculazioni. Parlare di immunità di gregge forse è prematuro, può essere che ci sia stato un atteggiamento più prudente da parte delle popolazioni che hanno vissuto in modo così drammatico la prima fase, mentre in estate, nel resto d’Italia, ci si è lasciati un po’ andare.

In meno di un mese siamo passati da 90 a 1.360 positivi in un giorno, si aspettava questi numeri?
Purtroppo sappiamo che la situazione evolve in modo rapidissimo e i segnali dei giorni scorsi già ci facevano prevedere questo trend. L’effetto delle misure di contenimento prese ora si vedranno solo fra qualche settimana. Siamo stati colti un po’ di sorpresa perché il virus ha la stessa evoluzione di sempre, ma rispetto alla prima ondata ci siamo dotati tutti di mascherine. La diffusione tra i giovani è altissima, dobbiamo superare questa onda d’urto perché la diffusione è esponenziale.

È d’accordo sulle misure prese?
Il lockdown ha funzionato, è una decisione difficile da prendere, ma ci sono degli indicatori che vanno seguiti. Se i numeri continueranno a crescere in questo modo temo che sarà inevitabile un nuovo lockdown.

Siamo vicini alla soglia d’allarme?
A livello nazionale l’allarme scatta quando i posti in terapia intensiva superano la saturazione del 30%. In questo momento siamo molto vicini.

La malattia è la stessa di febbraio e marzo?
Sì. Di base è una polmonite che può evolvere. La prima ondata ci ha colto alle spalle e ci siamo trovati a gestire un gran numero di casi gravi tutti insieme. Il sistema sanitario è andato in crisi anche perché i pazienti arrivavano in ospedale ad uno stadio avanzato della malattia. Ora invece riusciamo a ricoverare ad uno stadio iniziale e questo spiega perché la mortalità non sia nemmeno paragonabile a quella dei mesi scorsi.

Qual è la terapia?
Abbiamo un farmaco, abbiamo visto che il cortisone è efficace, abbiamo un antivirale che ha un’azione seppur modesta. Dobbiamo però riuscire a trattare i pazienti fin dalle prime fasi e questo significa non stressare il sistema sanitario perché altrimenti dovremmo lasciare dei pazienti sul territorio, ma questo è un virus che in certi stadi si cura in ospedale.

Nonostante questa fase critica riuscite a continuare l’attività dell’ambulatorio post Covid?
Con numeri più ridotti, così come cerchiamo di non mollare il colpo su altre patologie. L’ambulatorio post Covid ci permette di scoprire cose inaspettate sul virus, è una malattia di cui ancora non conosciamo molti meccanismi. Non sappiamo perché alcune persone hanno pochi sintomi e si curano in casa e altri prendono il virus in forma molto grave.

Lei ha avviato il progetto Storm, data base sul covid. Come procede?
Storm è un’intuizione che abbiamo avuto tutti insieme con l’università Bicocca. Registrare le cartelle cliniche dei pazienti, conservare del materiale biologico ci ha permesso di partecipare a studi internazionali importanti. Questa malattia è ancora una sfida aperta.