Coronavirus, da Olgiate Comasco a Monza per otto secoli: stop ai pellegrini di San Gerardo

Non sono stati fermati negli anni dalle carestie e dalle guerre, lo ha fatto il coronavirus: il 25 aprile non ci sarà il tradizionale pellegrinaggio dei devoti a San Gerardo di Olgiate Comasco. Succede dopo 812 anni di devozione ininterrotta.
Il pellegrinaggio a Monza dei devoti a San Gerardo da Olgiate Comasco
Il pellegrinaggio a Monza dei devoti a San Gerardo da Olgiate Comasco Fabrizio Radaelli

Sono sempre arrivati, niente li ha mai fermati: le carestie, le guerre, la dittatura. Niente tranne il Covid 19. Il virus che ha messo in ginocchio il mondo intero bloccherà quest’anno il piccolo esercito di pellegrini che ogni anno, il 25 aprile, parte da Olgiate Comasco per pregare sull’urna di san Gerardo a Monza.

Dopo 813 anni di ininterrotta devozione i pellegrini olgiatesi non potranno mantenere fede al loro voto, pronunciato nel 1207 e mai, fino ad oggi, infranto.

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«Quest’anno dovremo ovviamente rinunciare – spiega il prevosto di Olgiate, don Marco Folladori – Renderemo comunque omaggio al santo celebrando una messa a porte chiuse e senza fedeli, nel giorno del pellegrinaggio, nella nostra chiesa sussidiaria di San Gerardo. Trasmetteremo in streaming la funzione, come siamo ormai abituati a fare in queste settimane, sperando di poter ritornare a Monza al più presto».

L’intenzione degli olgiatesi, infatti, è quella di posticipare il pellegrinaggio magari dopo l’estate. «Se le cose dovessero migliorare e se ci fosse l’autorizzazione agli spostamenti, ci piacerebbe poter comunque mantenere fede al nostro voto».

Ogni anno circa duemila pellegrini si mettono in cammino dal comune del Comasco per raggiungere la parrocchia nel centro di Monza, e pregare sull’urna che conserva il santo patrono. Arrivano con i pullman, in macchina e molti anche in bicicletta.
«È una tradizione che è entrata a far parte della storia di ogni olgiatese – continua il prevosto – è un momento molto sentito, un motivo di identità della nostra comunità. Da sempre almeno un componente della famiglia doveva prendere parte al pellegrinaggio verso Monza, così è sempre stato fatto e così si farà anche negli anni a venire».

A dare il via alla tradizione fu un primo disperato viaggio, nel 1207. Quell’anno il piccolo comune a ridosso delle Prealpi fu colpito da una grave pestilenza che decimò gli abitanti, trecento anime soltanto. Il santo di Monza era morto quello stesso anno. La sua fama di santità aveva superato da tempo i confini della città, il racconto delle sue opere a favore di poveri e malati e il rincorrersi quasi leggendario delle sue gesta miracolose (avere attraversato il Lambro in piena sormontando il suo mantello e aver trovato ciliegie matura in pieno inverno, per citare i due miracoli più celebri) avevano fatto di Gerardo un santo per tutto il popolo. Ed è proprio a lui, sepolto da pochi giorni, che pensarono gli olgiatesi, stremati e terrorizzati per la peste che stava sterminando la piccola comunità. Si misero in cammino per chiedere la sua protezione. Arrivati a destinazione decisero di esumare il corpo per porlo in una teca all’interno della chiesa a lui dedicata. In cambio della fine della pestilenza gli abitanti di Olgiate promisero di tornare sulla tomba del santo nei secoli a venire.