Coronavirus, allarme dei sindacati: quattro lavoratori morti in Brianza. Ma almeno 2.100 aziende vogliono restare aperte

Sono almeno quattro i morti per conseguenze del coronavirus tra i dipendenti delle aziende della Brianza. I sindacati lanciano un allarme per i rischi di contagio sul luogo di lavoro, in Prefettura al vaglio circa 2.100 comunicazioni di aziende brianzole che intendono restare aperte. Otto per ora le attività sospese.
Monza Prefettura
Monza Prefettura Fabrizio Radaelli

Sono almeno quattro i lavoratori di aziende metalmeccaniche in Brianza deceduti dopo essere stati contagiati dal coronavirus.
«Abbiamo notizie che siamo morti un dipendente della St, e altri tre di altrettante aziende brianzole – dice Pietro Occhiuto segretario generale della Fiom Cgil Brianza – Sono stati numerosi i lavoratori che, sin dall’inizio dell’epidemia, sono rimasti contagiati, così, da subito, abbiamo spinto affinché si sospendesse la produzione, si chiudessero temporaneamente le aziende; ammalarsi, del resto, è molto facile data l’alta promiscuità dell’ambiente di lavoro dove spesso un metro di distanza non c’è».

Occhiuto dice che sono ancora in atto discussioni con alcune aziende per far rispettare i protocolli di sicurezza: «In un caso, alla Hydrogomma di Sulbiate, i lavoratori sono scesi in sciopero per chiedere la sospensione della attività. La Agrati, invece, è stata una delle prime aziende a disporre lo stop. Anche dalla Formenti abbiamo avuto una risposta positiva».

Alla St, cinquemila dipendenti e lavoro a ciclo continuo, martedì i delegati Fim e Fiom hanno raggiunto con la direzione amministrativa un “accordo di raffreddamento” valido fino al 30 aprile che prevede tra l’altro una riduzione della presenza minima dal 66% al 50% dei dipendenti produttivi, tutela maggiore per chi ha un’età anagrafica più elevata e garanzia di rotazione di utilizzo di permessi retribuiti nell’ordine del 15% e agevolazione della fruizione di istituti individuali su base volontaria.
«L’azienda, comunque – aggiunge Occhiuto – ha un protocollo di sicurezza estremamente avanzato».

Sono decine le aziende solo del settore metalmeccanico che secondo la Fiom dovrebbero sospendere le lavorazioni in quanto non necessarie in questo momento di emergenza sanitaria: «Le abbiamo segnalate alla segreteria provinciale della Cgil – conclude Occhiuto – La priorità è la salute dei lavoratori».

«Stiamo lavorando in maniera costruttiva con la Prefettura di Monza e Brianza – dice Angela Mondellini, segretaria generale della Cgil di Monza e Brianza – Insieme a Cisl e Uil abbiamo inviato alla Prefettura le nostre rilevazioni di non corretta applicazione del DPCM del 22 marzo 2020. Ad oggi, da parte delle categorie interessate, non ci è giunto un numero elevato di segnalazioni, e, pertanto, pensiamo di poter monitorare i casi segnalati in maniera puntuale». La segretaria generale della Cgil di Monza e Brianza sottolinea come tra la Prefettura e le organizzazioni sindacali si sia costruito «un canale di confronto positivo e fattivo»

Intanto, il prefetto Patrizia Palmisani si trova a dover verificare, con i suoi uffici, circa 2.100 comunicazioni di aziende brianzole che intendono restare aperte (erano 1.800 all’aggiornamento del 2 aprile, ndr). Ma il proseguimento dell’attività e legato a due requisiti: un Ateco (combinazione alfanumerica che identifica una ATtività ECOnomica) tra quelli autorizzati dal Governo o la dimostrazione di operare per una filiera ritenuta indispensabile. E’ quindi in corso un complesso lavoro di analisi documentale e controlli sul campo. E’ stata istituita una “cabina di regia” in ausilio composta da rappresentanti delle maggiori istituzioni, e il prefetto ha al contempo avviato un dialogo con tutte le segreterie provinciali delle maggiori sigle sindacali (Cgil-Cisl-Uil e Ugl) affinché segnalino le realtà economiche che, a loro a parere, non dovrebbero restare operative. Al momento sarebbero una ventina le aziende segnalate. Otto invece quelle per le quali la Prefettura, in seguito ai controlli, ha disposto la sospensione della attività.

Azienda per azienda, sono in corso verifiche di Guardia di finanza e Vigili del fuoco, questi ultimi esclusivamente per gli stabilimenti a ciclo continuo.

Dall’inizio dell’emergenza non sono giunte in Prefettura comunicazioni di soggetti infettati dal virus trovati al lavoro in qualche azienda del territorio provinciale. Una eventualità che, tuttavia, non autorizzerebbe la stessa Prefettura a sospendere l’attività. In materia di sicurezza e prevenzione dal contagio nei luoghi di lavoro il prefetto raccomanda a tutti i datori di lavoro di applicare quanto previsto dal Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro dello scorso 14 marzo, in parte recepito nel Decreto Legge del 25 marzo.

A parte un caso, già trattato e risolto, non sono state ricevute segnalazioni rispetto a inottemperanze con particolare riferimento alla adozione dei Dispositivi di protezione individuale, vedi le mascherine per chi opera a meno di un metro di distanza dai colleghi. L’adozione dei Dpi è appunto preventiva e quindi prescinde dalla presenza di soggetti positivi al virus: sono il datore di lavoro e il responsabile della sicurezza dei lavoratori (Rls) nell’ambito della sorveglianza sanitaria a verificare che i colleghi utilizzino i dispositivi e il medico competente della azienda a certificarlo.

Nei luoghi di lavoro eventuali casi positivi al Covid-19 sono di competenza strettamente sanitaria e quindi del Dipartimento igiene e prevenzione sanitaria della Ats (Agenzia di Tutela della Salute), non della Prefettura né delle forze dell’ordine. La Ats avvia una indagine epidemiologia per risalire ai soggetti con i quali il contagiato ha avuto contatti stretti e impone loro l’isolamento domiciliare di 14 giorni. Prevista inoltre la sanificazione dei luoghi.

(* Notizia aggiornata il 3 aprile, giovedì 2 aprile il numero delle aziende era 1.800)