Come agivano i boss della cocaina che rifornivano Monza e il nord della Brianza

Altri dettagli dell’operazione che ha portato a undici arresti nella banda che riforniva di droga Monza e il nord della Brianza. Un giro da diverse migliaia di euro a settimana.
Carabinieri
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La cocaina era roba di qualità, che accontentava i “palati” più fini dei clienti monzesi, e di tutta la fascia dei comuni a nord di Monza. E loro, i fratelli di 31 e 37 anni, originari del vibonese ma residenti a Sovico e Albiate, gestivano con piglio imprenditoriale il giro di spaccio, attenti a soddisfare le esigenze dei clienti più esigenti, ma anche con la violenza e l’intimidazione, se uno dei pusher che lavoravano per loro pensava di uscire dal loro giro, e mettersi in proprio.

Così hanno riferito i carabinieri della compagnia di Monza, agli ordini del capitano Pierpaolo Pinnelli, dopo che, all’alba di martedì hanno eseguito undici ordinanze di custodia cautelare, a coronamento di un’indagine su una fiorente attività di spaccio. Inchiesta che ha portato in carcere anche il titolare di un pub di Macherio, che nei giorni scorsi è stato gravemente danneggiato da un incendio. Secondo quanto ricostruito dai militari i fratellli fornivano coca di alta qualità a una serie di spacciatori attivi tra Macherio, Sovico, Albiate, Triuggio, Biassono. I clienti erano tutti brianzoli che pagavano anche 100 euro per una pallina di coca, e quando gli affari giravano per il verso giusto, ciascun pusher guadagnava anche 200 euro a consegna.

Le cessioni avvenivano anche a Monza, e il giro, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti (pm Salvatore Bellomo) fruttava migliaia di euro a settimana. Uno dei due fratelli, tra l’altro, gestisce anche una rivendita di automobili a Macherio. Le indagini nascono da un sequestro di droga e 15mila euro in contanti in un appartamento a Biassono. Da quanto emerso, i fratelli intervenivano anche in caso di debiti da saldare, facendo da tramite tra il cliente insolvente e lo spacciatore creditore, facendosi restituire le somme non riscosse e una percentuale aggiuntiva, che trattenevano. Ma spesso i soldi erano anche uno strumento attraverso cui i pusher instauravano un legame con i propri clienti. Quando qualcuno non aveva il denaro contante a disposizione subito, non esitavano a consegnare la merce allo stesso, sulla fiducia, facendo in modo che si saldasse il conto alla prossima consegna, oppure con una transazione direttamente su una postepay. Alcune persone coinvolte nell’indagine, inoltre, avevano il ruolo di custodi dello stupefacente. Come accade sempre più spesso di recente, chi traffica droga si serve di persone incensurate, insospettabili, come depositari della droga dietro compenso che in questo caso, ammontava a 80 euro a settimana.