Chi è stato Filippo Meda, il primo direttore del Cittadino di Monza

È nominato anche nella lettera del presidente Mattarella: chi è stato Filippo Meda, direttore della “Rivista monzese” e del Cittadino che nacque nell’agosto 1899.
Filippo Meda (al centro)
Filippo Meda (al centro)

Nei primi anni Novanta di due secoli fa Filippo Meda era un poco più che ventenne che si era laureato e aveva idee ben precise: cattoliche, democratiche, italiane, nonostante le prime due inclinazioni avrebbero dovuto farei i conti con la storia per riuscire a trovare una sintesi, diversi anni dopo. Milanese e neolaureato era stato chiamato anche a Monza a dirigere la “Rivista monzese”, voce del cattolicesimo impegnato nel sociale che aveva raccolto le indicazioni dell’enciclica “Non expedit” di Pio XI: proibito ai credenti l’impegno politico nazionale. Ma non quello locale.

E allora la soluzione migliore era la stampa, per fare sentire la voce di quella parte d’Italia, e lo sarebbe stata ancora nel 1899, quando lasciata da diverso tempo la direzione della “Rivista” era stato richiamato a Monza per prendere la direzione del Cittadino, il 17 agosto di 120 anni fa, il giorno in cui è nato: parla di lui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando ripercorre la storia di questo giornale che ha attraversato tre secoli di storia monzese.

Poco più di un mese fa il suo compleanno: 150 anni sono passati dalla nascita di Filippo Meda, un primo gennaio del 1869 – e sarebbe poi morto senza compierne 81 per poche ore, il 31 dicembre del 1939.
Prima di diventare un protagonista della storia civile nazionale – con l’elezione al parlamento nel 1909 (altro anniversario, 110 anni) e quindi tre volte ministro del Tesoro, prima nella prima guerra mondiale con il presidente Boselli e quindi per Giolitti – ha contribuito a gettare le basi dell’informazione indipendente soprattutto dalle pagine dell’Osservatore cattolico di Milano.

La sua impronta di voce critica l’ha affidata anche al Cittadino alla sua nascita, nell’estate del 1899. Poco più di un anno prima l’Italia, la Lombardia, Milano e Monza avevano registrato un momento di svolta: i moti milanesi del maggio 1898, quando la rivolta popolare contro le condizioni di lavoro e il prezzo del pane avevano portato in piazza i lavoratori contro la politica del governo. Sono i moti fermati nel sangue dai cannoni di Bava Beccaris. Sono il motivo per cui Gaetano Bresci avrebbe preso una nave nel 1900 dagli Stati uniti per vendicare quel sangue uccidendo, a Monza, Umberto I.

Per i moti viene arrestato a Milano anche don Davide Albertario, direttore dell’Osservatore cattolico. Filippo Meda fu scelto per prenderne il posto, assumendo nello stesso tempo il ruolo di guida del movimento politico cattolico diviso tra astensione dalla partecipazione attiva e intervento. La linea di Meda sarebbe cambiata fino a diventare quella di chi sosteneva che il suo mondo avrebbe dovuto partecipare alla vita politica non solo locale (come prevedeva la “Non expedit” e che era rappresentata anche dalla sua direzione del Cittadino), ma anche nazionale.

Il resto è la storia di don Sturzo, del Partito popolare, della Resistenza che avrebbe visto come protagonista suo figlio. Di un uomo che, in tutto questo, è stato anche presidente della Banca popolare di Milano. Cacciato per le critiche alla politica monetaria del fascismo. Così come il Cittadino sarebbe stato fermamente critico con il Ventennio.