Chernobyl 30 anni dopo: storie di solidarietà di Monza e Brianza

È la notte del 26 aprile 1986. Nella centrale elettronucleare di Chernobyl, nell’allora Unione Sovietica (oggi Ucraina), viene eseguito un test per simulare un guasto ma qualcosa va storto. È l’incidente nucleare più grave della storia. Le storie di solidarietà di Monza e Brianza.
Il monumento alle vittime di Chernobyl
Il monumento alle vittime di Chernobyl

È la notte del 26 aprile 1986. Nella centrale elettronucleare di Chernobyl, nell’allora Unione Sovietica (oggi Ucraina), viene eseguito un test per simulare un guasto al sistema di raffreddamento ma succede qualcosa: le barre di uranio del nocciolo del reattore nucleare si surriscaldano fino alla fusione del nocciolo del reattore numero 4. Con due conseguenti esplosioni, non nucleari ma con effetto 100 volte superiore a quello di Hiroshima e Nagasaki in termini di contaminazione ambientale, che fecero scoperchiare la copertura e disperdere nell’atmosfera grandi quantità di vapore contenente particelle radioattive.

Anni dopo si può dire che si trattò dell’incidente nucleare più grave della storia con conseguenze tangibili ancora oggi.


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All’inizio fu comunicato alla popolazione che nessuno era in pericolo e al governo fu detto che la radioattività era bassa, ma alcuni abitanti scapparono, mentre altri non credevano che si trattasse di una catastrofe.
Dodici ore dopo l’accaduto le radiazioni a causa del vento arrivarono nei pressi di una centrale nucleare in Svezia. Il governo svedese chiese spiegazioni alle autorità ucraine. Da quel momento, 36 ore dopo l’incidente, fu quindi dichiarato lo stato d’emergenza.

Chernobyl, cosa accadde 30 anni fa

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Arrivarono mille pullman per prelevare 350 mila persone dalla città e dintorni. Fu detto agli abitanti che sarebbe stato solo un allontanamento temporaneo di tre giorni, ma la popolazione non fece più ritorno. Furono necessari 15 giorni per spegnere parte dell’incendio e avviare la costruzione di una struttura di contenimento atta a ricoprire poi il reattore distrutto: chiamata sarcofago, essa costò circa un miliardo di dollari. Intervennero 600mila tra vigili del fuoco, medici e militari, la maggior parte dei quali è poi deceduta a causa di leucemia e varie tipologie di cancro.

Le conseguenze sulla popolazione locale furono molto forti nelle prime fasi dell’incidente e durano ancora oggi malgrado i decenni trascorsi. La centrale di Chernobyl è stata mantenuta in funzione a regime parziale, continuando a fornire energia elettrica alla città di Kiev fino all’anno 2000, quando l’ultimo reattore in esercizio è stato spento. Nel 1986 a Chernobyl vi erano circa 13 mila abitanti, nel 2016 sono circa 700 persone a risiedere nella cittadina.

Nel giro di qualche anno dall’incidente si è messa in moto anche la macchina della solidarietà di Monza e Brianza. Numerose le onlus su tutte il territorio coinvolte nel progetto di ospitalità di bambini e ragazzi dei paesi coinvolti.

Dal 2004 tante famiglie monzesi ogni anno “danno una mano”, ma Ti do una mano Onlus non è solo ospitalità. È anche sostegno attivo in Ucraina: «Siete mai stati in quei luoghi? Il tempo si è fermato», ha detto al Cittadino Lele Duse. Leggi la storia di Ti do una mano Onlus per Chernobyl.

Unitalsi Monza aiuta invece gli “internati” della Bielorussia, ovvero gli ospiti degli orfanotrofi. Dal 1997 i volontari monzesi assicurano un mese di salute alla Casa della gioia gestita in Liguria. Quasi vent’anni di soggiorni che stanno per ricominciare con la fine del mese di aprile. Leggi la storia di Unitalsi Monza per Chernobyl.