Caso Yara, il biologo di Monza «La scienza non mente, è lui»

Giorgio Portera, il consulente privato dei genitori di Yara Gambirasio, è cresciuto a Monza. Diplomato al liceo Frisi, si è occupato anche di altri importanti casi di cronaca degli ultimi anni, come quello di Elisa Claps e di Tommaso Onofri. Su Massimo Giuseppe Bossetti non ha dubbi: «La scienza non mente».
Il genetista forense Giorgio Portera
Il genetista forense Giorgio Portera

In tanti a tirare un sospiro di sollievo. Altri a voler menare le mani su quell’uomo, dai capelli e occhi chiari, caricato lunedì su una gazzella dei carabinieri. Ha un nome, ma resta sempre presunto l’assassino di Yara Gambirasio, la tredicenne bergamasca scomparsa la sera del 27 novembre del 2010, violentata, colpita alla testa e accoltellata e poi abbandonata ancora viva in un campo. Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni e tre figli, muratore, incensurato, ha lo stesso Dna (al 100 per cento dicono i vertici dell’Arma) ritrovato sugli abiti della povera Yara. Al giudice, dal carcere dove è stato rinchiuso con l’accusa di omicidio, ha detto di essere totalmente innocente: «Quella sera ero a casa». «Non si spiega come il suo dna sia finito sui resti della povera Yara» dice il suo legale. Il gip ha disposto la misura cautelare ritenendo sussistenti gli indizi di colpevolezza ma non ha convalidato il fermo in quanto non esiste pericolo di fuga. Resta il dubbio che possa non aver agito da solo. Al caso ha lavorato anche un brianzolo, Giorgio Portera, genetista 36enne cresciuto a Monza dove si è diplomato al liceo Frisi. Da gennaio del 2012 è consulente privato dei genitori di Yara. L’ex militare ha lavorato tra gli altri anche sui difficilissimi casi di Elisa Claps e del piccolo Tommaso Onofri, ma questo di Yara è unico: «E’ stato raggiunto uno straordinario risultato, ma spero che in futuro non occorra gestire una indagine così impegnativa: finalmente dal 2015 anche in Italia come ormai in tutta Europa ci sarà una banca dati del Dna che in un caso come questo avrebbe forse agevolato». Ma Bossetti è realmente coinvolto? «La certezza scientifica dell’esame – dice Portera – sta nel fatto che la traccia trovata su Yara dipenda da Bossetti ed è impossibile che questa compatibilità sia casuale». Alias: la povera Yara e il fermato hanno avuto un contatto diretto. Ma raccogliere quei 18mila profili genetici era proprio necessario? Non ci si poteva limitare a quelli dei titolari delle utenze telefoniche quella sera presenti attorno alla palestra? «In quel caso i dna da raccogliere sarebbero stati 100mila – tale la portata della cella telefonica della zona – Sarebbero occorsi altri 36 anni di indagini». A proposito del fermo, il biologo molecolare, tenente in congedo del Ris, il reparto investigativo speciale dei carabinieri dove ha lavorato dal 2005 al 2009, conferma, come ha fatto mercoledì a Chi l’ha visto?, su Rai 3, di essere soddisfatto:«Ma è solo l’inizio, bisogna ancora capire cosa sia accaduto alla povera Yara . E’ stato individuato uno dei possibili responsabili, ora la scienza si dovrà fare da parte per lasciare spazio a una indagine classica, di polizia giudiziaria». Ma gli sviluppi clamorosi degli ultimi giorni sono frutto anche del contributo determinante dello stesso Portera: due anni fa per avvalorare la “pista Gorno”, quella del figlio illegittimo come probabile assassino, chiese con insistenza la riesumazione del cadavere di Giuseppe Guerinoni, l’autista padre naturale di Bossetti, salma effettivamente estemulata a marzo del 2013 e dalla quale è stato possibile arrivare al presunto assassino della tredicenne. Un lavoro certosino che ha portato ad analizzare l’albero genealogico della famiglia dal 1815 e a pedinarne alcuni componenti per mesi, fino a identificare Ester Arzufi, la madre di Massimo Giuseppe Bossetti. La donna nega con forza che il figlio sia nato da una relazione clandestina: «Se non ne è convinta, con un test di paternità al marito ne avrà la conferma» conclude il genetista.