Caso Bramini a Monza: l’imprenditore risponde al presidente del tribunale

In una lunga lettera Sergio Bramini risponde al presidente del tribunale Laura Consentini che aveva espresso la posizione del tribunale sul fallimento e la vendita all’asta della casa di monza.
Al centro della foto Sergio Bramini
Al centro della foto Sergio Bramini Fabrizio Radaelli

Quando mancano ormai poco più di due settimane all’esecuzione dello sfratto di Sergio Bramini, l’imprenditore di Monza che rischia la casa per il fallimento della sua azienda che non ha incassato soldi dovuti dallo Stato risponde al presidente del tribunale di Monza. Laura Cosentini in una nota ufficiale ha parlato a nome di palazzo di Giustizia.

“Mi preme puntualizzare che gli ’enti locali’ verso i quali ero creditore sono di fatto pubbliche amministrazioni e pertanto amministrazioni dello Stato – scrive Bramini – So di non essere un giudice o anche solo un avvocato ma se la presidente del Tribunale non mi crede la invito a leggere l’art. 1 comma 2 del Decreto legislativo 165 del 2001 che lo spiega in maniera inequivocabile”.

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E poi: “D’altra parte parliamo di uno Stato dove anche il passato governo tentava di nascondere i debiti delle pubbliche amministrazioni alla Comunità europea negando la certificazione alle imprese…e forse non può essere considerato irrazionale credere che anche i Tribunali fallimentari perseguissero questa linea“.

L’imprenditore insiste: sono i documenti che dimostrano, a suo avviso, come è andata la vicenda finora. “Temo a questo punto che alla fine della storia sarò io che dovrò pagare gli ’enti locali’ che mi hanno concesso di lavorare per loro”. Quindi una nota riguardo l’ipoteca sulla casa, accesa per mandare avanti l’azienda mentre gli enti con cui lavorava non lo pagavano. “Oggi la banca quei soldi li rivuole (giustamente) indietro e con gli interessi….ma gli interessi sui crediti della Icom previsti dalla Legge 231/2002 che fine hanno fatto? Ah già… quelli sono stati probabilmente stralciati dal curatore fallimentare”.

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Bramini nega anche di avere fatto ostruzionismo rifiutando l’accesso alla casa a potenziali acquirenti e poi fa una proposta per “ stemperare gli animi e dimostrare le reali intenzioni delle parti”. “Quello che le propongo è un contratto di impegno a consentire l’accesso all’immobile per eventuali visite di persone interessate all’acquisto, firmato non solo dallo scrivente e dai suoi famigliari conviventi, ma anche dai due parlamentari che vi hanno eletto domicilio – scrive -. Avrà così la garanzia anche degli onorevoli Crippa e Corbetta i quali si impegneranno ad impedire e/o a sanare possibili mie inadempienze”. Opzione che difficilmente il tribunale accetterà, perché sarebbe riconoscere il domicilio parlamentare, come finora non accaduto. “Non c’è mai stato ostruzionismo…solo la volontà di difendere il lavoro di una vita ed il frutto di mille sacrifici”.