Brugherio: il padre eredita il tatuaggio tribale del figlio scomparso un anno fa

Gianbattista Schiaffino è il papà di Filippo, scomparso a 21 anni nel marzo 2020 per una patologia cardiaca. Con l’associazione fondata in sua memoria, organizza un incontro sui tatuaggi tribali: lui che ha realizzato su se stesso il tattoo che avrebbe voluto fare il figlio.
Giambattista Schiaffino
Giambattista Schiaffino Valeria Pinoia

Gianbattista Schiaffino è il papà di Filippo, scomparso a 21 anni nel marzo 2020 per una patologia cardiaca. Ha una storia scritta sul petto. E sulla spalla. E sul braccio.

È un grosso tatuaggio che parla la lingua maori e che sarà in parte oggetto della serata sui tattoo polinesiani fissata per il 25 febbraio, dalle 19.30 alle 21.30 in piazza Battisti a Brugherio. L’evento è promosso dall’associazione Flipness, fondata proprio dalla famiglia Schiaffino nel ricordo del ragazzo (che era noto in città per la sua presenza nella società sportiva Cgb Calcio e per la sua attività di speaker radiofonico in RadioBunda) con lo scopo di offrire ai giovani opportunità, stimoli, corsi gratuiti e uno spazio, quello della sede, dove incontrarsi. Tutto nel rigoroso rispetto della normativa anti-Covid.

Brugherio: il padre eredita il tatuaggio tribale del figlio scomparso un anno fa
Giambattista Schiaffino

“Il nostro obiettivo – ha spiegato la moglie e compagna nel progetto, Emanuela Bertoldo – è proprio quello aggregativo. Per questo abbiamo preferito sospendere i corsi in zona rossa e arancione, anziché proporli online. Questa settimana ripartiamo e il 25 abbiamo organizzato con numeri ristretti la serata sul tatuaggio».

Relatore un professionista d’eccezione, Luigi Marchini, 49 anni, milanese pluripremiato con clienti in tutto il mondo per il genere dei tribali.
«Con GiBi è stata una cosa speciale, mi ha coinvolto anche a livello personale – ha spiegato il professionista – ma il metodo è quello che uso sempre. Chi ha una storia da raccontare me la consegna e io cerco di tradurla con i simboli polinesiani».

E dire che GiBi, Gianbattista, nemmeno li amava i tatuaggi. Oggi con un sorriso un po’ amaro e un po’ autoironico mostra la macchia scura che gli prende mezzo torace e confessa di amarla.

Era Filippo che voleva il tatuaggio. Un tatuaggio di quel tipo che prendesse il petto e la spalla, «ho cercato di convincerlo a evitare una cosa così grossa – racconta il padre – gli dicevo che poi a 50 anni magari non gli sarebbe più piaciuta. Ma lui era deciso. Purtroppo non è mai riuscito a farlo. Ed ecco qui, l’ho fatto io il danno».

È successo tutto ad aprile, quando il lutto era fresco, il lockdown severo e Schiaffino era da solo davanti al pc. «Ho googlato un po’ sui tatuaggi tribali – ha raccontato – e ho scoperto che Marchini, con cui ora è nata un’amicizia, era il più quotato. Gli ho scritto una mail con la mia storia e pochi minuti dopo mi ha chiamato. Davvero, chi se lo aspettava?».

Il brugherese si è sentito dire “devi venire qui adesso”, e quasi ne è rimasto infastidito. In pieno lockdown. Ma il tatuatore è stato irremovibile.

«Mi sono messo in macchina – ha raccontato Schaffino – ho guidato per città deserte fino a Milano. Ho incontrato anche due posti di blocco dei carabinieri, ma non mi hanno fermato. Lo studio era chiuso, ovviamente, ma l’incontro c’è stato. E poi, da settembre a dicembre, le sei sedute necessarie a realizzare il tatuaggio». La serata con Marchini è solo una dei tanti progetti dell’associazione. Tutti gli aggiornamenti al sito www.associazioneflipness.org